Si riporta l’intervento di Federico Testa, parlamentare del PD e responsabile di energia e servizi pubblici locali, effettuato durante la campagna elettorale per le elezioni regionali.
Il tema dei servizi pubblici locali in un momento di crisi economica è rilevante per gli effetti sulla crescita economica e sulla qualità della vita dei cittadini.
“L’assetto dei Servizi Pubblici Locali (SPL) è da anni al centro della discussione economica e politica del nostro Paese. Ciò è dovuto certamente alla loro rilevanza, ai fini del potere d’acquisto delle famiglie (i costi tariffari di tali servizi, infatti, incidono fra il 10 e il 20 per cento sul reddito disponibile, a seconda dell’ampiezza della famiglia e della zona geografica di residenza), della qualità della vita dei cittadini e della competitività delle imprese italiane. È indubbio, inoltre, che la necessità di interventi riformatori su questo comparto, che racchiude al suo interno numerosi settori anche fortemente eterogenei fra di loro, abbia assunto un valore simbolico ai fini dell’affermazione di una cultura pro concorrenziale, di apertura del mercato e di trasparenza da parte di gestioni che in ogni caso ricadono sotto la sfera della regolazione pubblica e che assorbono ingenti risorse a carico dei bilanci pubblici, delle famiglie e delle imprese;
non sempre, tuttavia, a tale valore simbolico e politico è corrisposto un approccio coerente. È il caso degli interventi legislativi proposti dal Governo e approvati dal Parlamento nella presente legislatura, in particolare dell’articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito nella legge 6 agosto 2008 n. 133: presentato come un intervento innovativo, evidenzia invece tutti i rischi di una ulteriore chiusura del mercato e di limitazione della concorrenza, con conseguenze negative sulle famiglie, sui cittadini e sulle imprese, che si troveranno a pagare il conto di questa mancata riforma, la quale, anzi, ha il sapore di una vera e propria controriforma. Analogo giudizio va dato in merito all’articolo 61 della legge 23 luglio 2009, n. 99, in tema di trasporto pubblico locale, che ha segnato un arretramento rispetto alla normativa previgente;
le conseguenze di questa situazione sono gravi per i cittadini, per gli enti locali, per le imprese e, complessivamente, per il sistema economico italiano. I cittadini vedono svanire la speranza di godere di servizi di migliore qualità e con costi più bassi che consentano di ridurre le tariffe e/o i contributi alle aziende (e quindi l’assorbimento di risorse dai bilanci pubblici locali). Gli enti locali non possono usufruire dei vantaggi di un mercato aperto nella scelta del gestore cui affidare il servizio. Le imprese restano chiuse nei loro confini municipalistici senza possibilità di crescita industriale, e ciò aggrava il problema del “nanismo” della grande industria italiana, poiché è documentato nell’esperienza di tanti altri paesi che proprio dai processi di aggregazione e crescita industriale e tecnologica collegati ai servizi di interesse economico generale sono scaturiti stimoli forti all’innovazione, alla ricerca, all’adeguato flusso di investimenti in reti e infrastrutture che hanno importanti effetti esterni positivi sull’ambiente sociale ed economico. Il sistema economico italiano subisce le conseguenze delle irrisolte carenze infrastrutturali, nonché della scarsa qualità e dei prezzi più alti di servizi che costituiscono importanti input produttivi per le imprese esposte alla concorrenza internazionale;
il dettato costituzionale, che attribuisce allo Stato il compito di promuovere la concorrenza, impone invece la costruzione di una cornice coerente affinché gli enti locali possano dotarsi di forme di gestione dei servizi più vicine ai cittadini e le iniziative imprenditoriali in questo comparto si collochino sulla frontiera dell’innovazione. La definizione di un assetto effettivamente concorrenziale del mercato potrebbe altresì essere di supporto alle politiche necessarie ad aiutare l’economia del nostro Paese ad uscire dalla situazione di crisi economica: ciò riguarda non solo i servizi pubblici locali ma anche quelli regolamentati e gestiti a livello nazionale, che non meno dei primi possono contribuire ad una riduzione delle posizioni di rendita e ad un recupero della produttività globale del sistema (si pensi ad esempio ai servizi aeroportuali);
il processo di apertura del mercato non può e non deve significare la scomparsa o la messa “fuori gioco” delle imprese pubbliche che erogano servizi pubblici locali, che un ruolo certamente significativo hanno svolto nel garantire negli anni l’effettiva universalità del servizio e l’infrastrutturazione locale del Paese, quanto piuttosto l’affermazione che il patrimonio di competenze e professionalità che esse possiedono va sottoposto alla sfida competitiva; così che istituzioni, cittadini e imprese possano liberamente scegliere l’offerta migliore in termini economici e di qualità del servizio nei settori in cui è possibile la concorrenza “nel” mercato, ovvero che tali imprese pubbliche possano concorrere con altre imprese per l’aggiudicazione temporanea dei servizi nei settori in cui è necessaria la concorrenza “per il” mercato; in questa sfida le imprese pubbliche locali non partono necessariamente svantaggiate, e anzi sono portatrici di importanti vantaggi competitivi, a condizione tuttavia di superare alcune pesantezze e inerzie di comportamento, e comunque fatta salva l’applicazione di adeguate clausole sociali a tutela del lavoro;
particolare attenzione deve essere posta affinché i processi di privatizzazione non conducano al passaggio dal monopolio pubblico a quello privato, sia nel caso di infrastrutture che abbiano le caratteristiche del monopolio naturale, per le quali va garantita una reale gestione terza, sia nel caso di concessioni di servizio, per le quali il confronto competitivo deve sempre prevalere, fatta esclusione per casi eccezionali;
in ogni caso, il collocamento sul mercato di quote azionarie delle imprese pubbliche locali deve avvenire con procedure improntate alla massima trasparenza e imparzialità;
il grado di concorrenza, ed i relativi benefici per i consumatori, dipendono altresì dalla struttura del mercato di approvvigionamento, per cui è essenziale intervenire anche su quei monopoli di fatto che impediscono l’accesso economico alle fonti primarie ed alle infrastrutture essenziali di trasporto;
per affrontare le nuove sfide aperte dalla più elevata maturità dei consumatori, dalla globalizzazione dei mercati upstream e dal progresso delle tecnologie, che rende possibile ridefinire le modalità produttive dei servizi tradizionali, è necessario affrontare questa tematica affiancando al prevalente approccio giuridico-formale (cosa è servizio pubblico, come lo si definisce e regolamenta in modo trasversale) un approccio di tipo industriale e di mercato, che abbia a riferimento le filiere – tra loro molto diverse - dei singoli servizi, da cui far poi discendere normative settoriali specifiche, che riescano a cogliere le peculiarità dei processi di “produzione ed erogazione” con riferimento sia alla dimensione prettamente industriale, che a quella di “legame” con il territorio;
in sostanza, una vera politica di liberalizzazione dei settori appartenenti al comparto dei servizi pubblici locali non può procedere indipendentemente da una avanzata politica di regolazione degli stessi. I primi importanti passi avanti furono compiuti negli anni ’90, e soprattutto nella seconda metà di quel decennio, attraverso una serie di normative innovative e modernizzatrici che hanno coinvolto l’elettricità, il gas, i trasporti, l’acqua, i servizi ambientali. È urgente oggi che il processo di riforma assuma su di sé la priorità di una robusta manutenzione di quegli apparati regolativi, mantenendo naturalmente tutto ciò che ha funzionato e modificando invece ciò che, dopo dieci e più anni di esperienza, mostra limiti e inadeguatezze. Assumere tale priorità è essenziale per evitare che il processo di riforma resti ancorato al solo valore simbolico poco sopra segnalato, ma anche per garantire gli amministratori locali, chiamati quotidianamente a garantire i servizi essenziali alle popolazioni amministrate, un solido quadro di riferimento e per evitare che la riforma sia frenata da un aumento del già considerevole contenzioso che si è accumulato negli ultimi anni, anche in conseguenza di una ipertrofica ed inefficiente produzione normativa;
le nuove normative, generali e settoriali, dovranno avere per oggetto la specifica definizione del regime proprietario nelle infrastrutture di rete, delle modalità di aggiudicazione, delle modalità di aggregazione territoriale della domanda, della durata delle concessioni, dell’introduzione di bandi tipo che possano uniformare i criteri di aggiudicazione, della creazione di strutture che possano essere di supporto alle Amministrazioni nella gestione delle procedure e nella determinazione delle tariffe, dei requisiti minimi dei contratti di servizio, dell’affermazione di meccanismi di valutazione terza della qualità del servizio offerto a cittadini ed imprese, nonché l’istituzione – là dove non ancora previste - di Autorità indipendenti di regolazione anche di tipo federale, in modo da superare tante e diffuse situazioni di conflitto di interesse e di confusione fra ruolo di indirizzo politico, ruolo regolatorio e ruolo gestionale. In particolare, potrebbe essere utile ragionare su di un ruolo forte delle Regioni al fine di sostenere ed assistere le Amministrazioni Locali nell’affrontare le problematiche relative alla predisposizione dei bandi di gara ed alla corretta valutazione delle offerte. Tali competenze, infatti, assai raramente sono presenti a livello territoriale, e tale assenza corre il rischio di inficiare completamente il meccanismo delle procedure competitive e dell’apertura del mercato.
si dovrà, in particolare, porre a carico dei gestori l’obbligo di rendere pubblica e aggiornare periodicamente una carta dei servizi offerti all’utenza, la quale deve contenere tutti gli impegni del gestore nei confronti degli utenti, così come determinati nel contratto di servizio e nello stesso sanzionati in caso di inottemperanza. E si dovranno sperimentare nuove forme di coinvolgimento degli utenti, nonché di loro tutela;
tale approccio consentirà di modellare la regolazione sulle specifiche necessità di ciascun settore, tenendo conto delle problematiche di settori che devono percorrere le strade dell’efficienza e della capacità competitiva risalendo la filiera fino all’approvvigionamento della materia prima in Paesi lontani (gas ed energia, visto che spesso l’energia elettrica si produce con i cicli combinati alimentati a metano); tenendo altresì conto dei settori per i quali, accanto a problematiche di gestione industriale, sono presenti e prioritarie anche quelle relative all’uso attento del territorio circostante (rifiuti) e alla valorizzazione e preservazione di una risorsa primaria e fondamentale a forte legame territoriale (l’acqua); e tenendo poi conto di altri settori in cui l’efficienza del servizio dipende da una buona infrastrutturazione di livello locale abbinata ad una efficiente gestione industriale (trasporto pubblico locale e regionale);
un approccio di questo genere consentirà di affrontare in maniera corretta e trasparente, con scelte politiche chiare, il tema dei costi dei servizi e del loro finanziamento. La storia più recente dice, infatti, che in alcuni casi i servizi energetici hanno finito per sussidiare indirettamente i servizi a minor valore aggiunto, mentre in altri casi l’inefficienza della regolazione ha condotto all’insufficiente copertura dei servizi minimi universali e alla incompleta valutazione dei loro costi;
procedere nella direzione indicata consentirà quindi di affermare e dare consapevolezza del valore vero, di lungo periodo delle risorse in gioco, facilitando un percorso indispensabile quando si affrontano temi che hanno a che fare con i beni comuni e la qualità della vita di una comunità”.
Federico Testa
non sempre, tuttavia, a tale valore simbolico e politico è corrisposto un approccio coerente. È il caso degli interventi legislativi proposti dal Governo e approvati dal Parlamento nella presente legislatura, in particolare dell’articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito nella legge 6 agosto 2008 n. 133: presentato come un intervento innovativo, evidenzia invece tutti i rischi di una ulteriore chiusura del mercato e di limitazione della concorrenza, con conseguenze negative sulle famiglie, sui cittadini e sulle imprese, che si troveranno a pagare il conto di questa mancata riforma, la quale, anzi, ha il sapore di una vera e propria controriforma. Analogo giudizio va dato in merito all’articolo 61 della legge 23 luglio 2009, n. 99, in tema di trasporto pubblico locale, che ha segnato un arretramento rispetto alla normativa previgente;
le conseguenze di questa situazione sono gravi per i cittadini, per gli enti locali, per le imprese e, complessivamente, per il sistema economico italiano. I cittadini vedono svanire la speranza di godere di servizi di migliore qualità e con costi più bassi che consentano di ridurre le tariffe e/o i contributi alle aziende (e quindi l’assorbimento di risorse dai bilanci pubblici locali). Gli enti locali non possono usufruire dei vantaggi di un mercato aperto nella scelta del gestore cui affidare il servizio. Le imprese restano chiuse nei loro confini municipalistici senza possibilità di crescita industriale, e ciò aggrava il problema del “nanismo” della grande industria italiana, poiché è documentato nell’esperienza di tanti altri paesi che proprio dai processi di aggregazione e crescita industriale e tecnologica collegati ai servizi di interesse economico generale sono scaturiti stimoli forti all’innovazione, alla ricerca, all’adeguato flusso di investimenti in reti e infrastrutture che hanno importanti effetti esterni positivi sull’ambiente sociale ed economico. Il sistema economico italiano subisce le conseguenze delle irrisolte carenze infrastrutturali, nonché della scarsa qualità e dei prezzi più alti di servizi che costituiscono importanti input produttivi per le imprese esposte alla concorrenza internazionale;
il dettato costituzionale, che attribuisce allo Stato il compito di promuovere la concorrenza, impone invece la costruzione di una cornice coerente affinché gli enti locali possano dotarsi di forme di gestione dei servizi più vicine ai cittadini e le iniziative imprenditoriali in questo comparto si collochino sulla frontiera dell’innovazione. La definizione di un assetto effettivamente concorrenziale del mercato potrebbe altresì essere di supporto alle politiche necessarie ad aiutare l’economia del nostro Paese ad uscire dalla situazione di crisi economica: ciò riguarda non solo i servizi pubblici locali ma anche quelli regolamentati e gestiti a livello nazionale, che non meno dei primi possono contribuire ad una riduzione delle posizioni di rendita e ad un recupero della produttività globale del sistema (si pensi ad esempio ai servizi aeroportuali);
il processo di apertura del mercato non può e non deve significare la scomparsa o la messa “fuori gioco” delle imprese pubbliche che erogano servizi pubblici locali, che un ruolo certamente significativo hanno svolto nel garantire negli anni l’effettiva universalità del servizio e l’infrastrutturazione locale del Paese, quanto piuttosto l’affermazione che il patrimonio di competenze e professionalità che esse possiedono va sottoposto alla sfida competitiva; così che istituzioni, cittadini e imprese possano liberamente scegliere l’offerta migliore in termini economici e di qualità del servizio nei settori in cui è possibile la concorrenza “nel” mercato, ovvero che tali imprese pubbliche possano concorrere con altre imprese per l’aggiudicazione temporanea dei servizi nei settori in cui è necessaria la concorrenza “per il” mercato; in questa sfida le imprese pubbliche locali non partono necessariamente svantaggiate, e anzi sono portatrici di importanti vantaggi competitivi, a condizione tuttavia di superare alcune pesantezze e inerzie di comportamento, e comunque fatta salva l’applicazione di adeguate clausole sociali a tutela del lavoro;
particolare attenzione deve essere posta affinché i processi di privatizzazione non conducano al passaggio dal monopolio pubblico a quello privato, sia nel caso di infrastrutture che abbiano le caratteristiche del monopolio naturale, per le quali va garantita una reale gestione terza, sia nel caso di concessioni di servizio, per le quali il confronto competitivo deve sempre prevalere, fatta esclusione per casi eccezionali;
in ogni caso, il collocamento sul mercato di quote azionarie delle imprese pubbliche locali deve avvenire con procedure improntate alla massima trasparenza e imparzialità;
il grado di concorrenza, ed i relativi benefici per i consumatori, dipendono altresì dalla struttura del mercato di approvvigionamento, per cui è essenziale intervenire anche su quei monopoli di fatto che impediscono l’accesso economico alle fonti primarie ed alle infrastrutture essenziali di trasporto;
per affrontare le nuove sfide aperte dalla più elevata maturità dei consumatori, dalla globalizzazione dei mercati upstream e dal progresso delle tecnologie, che rende possibile ridefinire le modalità produttive dei servizi tradizionali, è necessario affrontare questa tematica affiancando al prevalente approccio giuridico-formale (cosa è servizio pubblico, come lo si definisce e regolamenta in modo trasversale) un approccio di tipo industriale e di mercato, che abbia a riferimento le filiere – tra loro molto diverse - dei singoli servizi, da cui far poi discendere normative settoriali specifiche, che riescano a cogliere le peculiarità dei processi di “produzione ed erogazione” con riferimento sia alla dimensione prettamente industriale, che a quella di “legame” con il territorio;
in sostanza, una vera politica di liberalizzazione dei settori appartenenti al comparto dei servizi pubblici locali non può procedere indipendentemente da una avanzata politica di regolazione degli stessi. I primi importanti passi avanti furono compiuti negli anni ’90, e soprattutto nella seconda metà di quel decennio, attraverso una serie di normative innovative e modernizzatrici che hanno coinvolto l’elettricità, il gas, i trasporti, l’acqua, i servizi ambientali. È urgente oggi che il processo di riforma assuma su di sé la priorità di una robusta manutenzione di quegli apparati regolativi, mantenendo naturalmente tutto ciò che ha funzionato e modificando invece ciò che, dopo dieci e più anni di esperienza, mostra limiti e inadeguatezze. Assumere tale priorità è essenziale per evitare che il processo di riforma resti ancorato al solo valore simbolico poco sopra segnalato, ma anche per garantire gli amministratori locali, chiamati quotidianamente a garantire i servizi essenziali alle popolazioni amministrate, un solido quadro di riferimento e per evitare che la riforma sia frenata da un aumento del già considerevole contenzioso che si è accumulato negli ultimi anni, anche in conseguenza di una ipertrofica ed inefficiente produzione normativa;
le nuove normative, generali e settoriali, dovranno avere per oggetto la specifica definizione del regime proprietario nelle infrastrutture di rete, delle modalità di aggiudicazione, delle modalità di aggregazione territoriale della domanda, della durata delle concessioni, dell’introduzione di bandi tipo che possano uniformare i criteri di aggiudicazione, della creazione di strutture che possano essere di supporto alle Amministrazioni nella gestione delle procedure e nella determinazione delle tariffe, dei requisiti minimi dei contratti di servizio, dell’affermazione di meccanismi di valutazione terza della qualità del servizio offerto a cittadini ed imprese, nonché l’istituzione – là dove non ancora previste - di Autorità indipendenti di regolazione anche di tipo federale, in modo da superare tante e diffuse situazioni di conflitto di interesse e di confusione fra ruolo di indirizzo politico, ruolo regolatorio e ruolo gestionale. In particolare, potrebbe essere utile ragionare su di un ruolo forte delle Regioni al fine di sostenere ed assistere le Amministrazioni Locali nell’affrontare le problematiche relative alla predisposizione dei bandi di gara ed alla corretta valutazione delle offerte. Tali competenze, infatti, assai raramente sono presenti a livello territoriale, e tale assenza corre il rischio di inficiare completamente il meccanismo delle procedure competitive e dell’apertura del mercato.
si dovrà, in particolare, porre a carico dei gestori l’obbligo di rendere pubblica e aggiornare periodicamente una carta dei servizi offerti all’utenza, la quale deve contenere tutti gli impegni del gestore nei confronti degli utenti, così come determinati nel contratto di servizio e nello stesso sanzionati in caso di inottemperanza. E si dovranno sperimentare nuove forme di coinvolgimento degli utenti, nonché di loro tutela;
tale approccio consentirà di modellare la regolazione sulle specifiche necessità di ciascun settore, tenendo conto delle problematiche di settori che devono percorrere le strade dell’efficienza e della capacità competitiva risalendo la filiera fino all’approvvigionamento della materia prima in Paesi lontani (gas ed energia, visto che spesso l’energia elettrica si produce con i cicli combinati alimentati a metano); tenendo altresì conto dei settori per i quali, accanto a problematiche di gestione industriale, sono presenti e prioritarie anche quelle relative all’uso attento del territorio circostante (rifiuti) e alla valorizzazione e preservazione di una risorsa primaria e fondamentale a forte legame territoriale (l’acqua); e tenendo poi conto di altri settori in cui l’efficienza del servizio dipende da una buona infrastrutturazione di livello locale abbinata ad una efficiente gestione industriale (trasporto pubblico locale e regionale);
un approccio di questo genere consentirà di affrontare in maniera corretta e trasparente, con scelte politiche chiare, il tema dei costi dei servizi e del loro finanziamento. La storia più recente dice, infatti, che in alcuni casi i servizi energetici hanno finito per sussidiare indirettamente i servizi a minor valore aggiunto, mentre in altri casi l’inefficienza della regolazione ha condotto all’insufficiente copertura dei servizi minimi universali e alla incompleta valutazione dei loro costi;
procedere nella direzione indicata consentirà quindi di affermare e dare consapevolezza del valore vero, di lungo periodo delle risorse in gioco, facilitando un percorso indispensabile quando si affrontano temi che hanno a che fare con i beni comuni e la qualità della vita di una comunità”.
Federico Testa
Nessun commento:
Posta un commento