L’associazione dei responsabili delle risorse umane Gidp ha effettuato una ricerca ponendo 20 domande a 168 Direttori del Personale iscritti all’associazione stessa, appartenenti ad importanti realtà imprenditoriali. Le aziende in questione sono, infatti, caratterizzate dalle grandi dimensioni (ben il 60,12% conta oltre 500 dipendenti) e sono, per quanto concerne la proprietà, soprattutto Multinazionali (44,64%). Per la maggior parte collocate nel Nord ovest (61,90%) o dislocate su diverse aree geografiche (19,64%), le imprese operano in numerosi settori merceologi, altamente differenziati tra loro e ciò non fa che rendere ancor più rappresentativa l’immagine emersa dalla survey. Si passa dal 17,86% dell’industria meccanica, al 10,12% del credito, al 9,52% del commercio.
Dalla ricerca è emerso che: - “L’abrogazione dell’articolo 18 determina un più efficiente funzionamento dell’attuale mercato del lavoro, diminuisce il livello del contenzioso, non peggiora le relazioni sindacali in azienda e riduce il ricorso a contratti di lavoro flessibili; Una sua modifica non solo comporta un minor dispendio di risorse in termini di risarcimenti che possono essere destinati alla ricollocazione e formazione dei lavoratori – ma favorisce anche l’occupazione nelle PMI”.
Dalla ricerca emerge quanto segue:
- Il 67,53% dei Direttori del Personale dichiara che l’abrogazione dell’art.18 determinerebbe un più efficiente funzionamento dell’attuale mercato del lavoro
- Per il 62,34% l’abrogazione dell'art.18 comporterebbe un più contenuto ricorso a contratti di lavoro flessibile
- La soppressione dell'art.18 (se si limita la tutela del posto di lavoro al solo caso del licenziamento discriminatorio od altre ipotesi disciplinari) ridurrebbe il livello del contenzioso nel 49,35% dei casi
- In caso di licenziamento individuale o collettivo, senza più la garanzia dell’art.18, sarebbe opportuno (per il 62,34%) limitare nel tempo i sussidi di disoccupazione
- Una modifica dell'art.18 da applicare alle aziende superiori a 50 dipendenti potrebbe favorire abbastanza (68,18%) l’occupazione nelle piccole/medie imprese
- Se fosse abrogato l’obbligo di reintegrazione del lavoratore di cui all’art.18, la misura dell'indennità risarcitoria spettante al lavoratore non dovrebbe essere stabilita in misura fissa (per il 59,74% del campione), ma sarebbe preferibile per il 68,83% dei Direttori un’indennità risarcitoria variabile, compresa tra 6 e 18 mensilità
- Se l'art.18 prevedesse una misura massima di risarcimento (24 mesi) le aziende potrebbero farsi carico dei costi di ricollocazione (outplacement 10/15% della retribuzione lorda annua del licenziato) e dei costi della formazione per il reinserimento (67,53%)
- Oltre che per poter licenziare per il 61,04% dei Direttori HR la modifica dell'art.18 può servire per tenere alta la tensione e la collaborazione sui risultati aziendali
Con riferimento alla esperienza diretta dei Direttori del personale in azienda emerge che:
- il 46,81% dichiara che l'eventuale abolizione dell'art.18 non peggiorerebbe per niente le relazioni sindacali nella propria impresa o le peggiorerebbe di poco (39,72%)
- al 43,97% è capitato di veder reintegrato un lavoratore dal giudice in base all'art.18 e tra coloro a cui è capitato e che hanno deciso di ricorrere in secondo grado (cioè il 32,14%) solo il 38,78% ha vinto.
Il Presidente Nazionale di GIDP, Paolo Citterio, commenta i risultati con la seguente dichiarazione:
“Fatto salvo che il 68% dei Direttori auspica da parte della Fornero l’abrogazione dell’art.18, emerge una viva preoccupazione da parte dei Direttori HR interrogati a fronte delle reintegrazioni “subite” in connessione all’art.18 in quanto a ben il 43,97% dei colleghi è capitato di dover riassumere un lavoratore su pronuncia del magistrato di primo grado (il 39% dei colleghi ha però vinto la causa ricorrendo!).
Ciò che preoccupa in particolare per gli oneri rilevantissimi a carico delle imprese è che ben il 39,7% del campione ha assistito al reintegro di uno o più lavoratori - allontanati “ingiustamente” dal proprio posto di lavoro – dopo un lasso di tempo che va da 2 anni a 5 anni e più, sinonimo questo di elevati importi di indennità risarcitoria che non tutte le aziende possono sopportare, specialmente in questo periodo.
Ritengo che la cosiddetta “flexsecurity“, auspicata da molti parlamentari di diversi schieramenti politici e indubbiamente bipartisan, sia voluta anche dal mondo delle imprese e in particolare dai Direttori HR. Questi ultimi non temono che la “flexsecurity“ comprometta le loro relazioni sindacali in azienda e anzi sarebbero propensi a destinare le risorse risparmiate dalla diminuzione del contenzioso al sostegno dei costi di ricollocazione (utilizzando validi strumenti di outplacement) e formazione dei lavoratori, in particolare se si potesse prevedere una misura massima di risarcimento (12 mesi o poco più)”.
Ritengo che la ricerca sia molto utile per conoscere il pensiero dei responsabili delle risorse umane in merito all’art. 18 dello Statuto dei lavoratori ma ipotizzare il caso della eliminazione dell’art. 18 non è realistico in quanto nessuno sostiene tale posizione nel confronto politico e sindacale. Certamente la ricerca è utile per capire in che modo l’art. 18 possa essere attualizzato per rimuovere gli ostacoli che purtroppo esistono nel mercato del lavoro, rimanendo ferme le tutele nei confronti dei lavoratori anzi ampliandole con un mix di servizi (riqualificazione professionale, outplacement, adeguamento dei sussidi) finora non realizzati in Italia. Inoltre, occorre disciplinare ex novo il licenziamento per motivi economici per consentire alle aziende di adeguare la pianta organica alla domanda del mercato.
- Per il 62,34% l’abrogazione dell'art.18 comporterebbe un più contenuto ricorso a contratti di lavoro flessibile
- La soppressione dell'art.18 (se si limita la tutela del posto di lavoro al solo caso del licenziamento discriminatorio od altre ipotesi disciplinari) ridurrebbe il livello del contenzioso nel 49,35% dei casi
- In caso di licenziamento individuale o collettivo, senza più la garanzia dell’art.18, sarebbe opportuno (per il 62,34%) limitare nel tempo i sussidi di disoccupazione
- Una modifica dell'art.18 da applicare alle aziende superiori a 50 dipendenti potrebbe favorire abbastanza (68,18%) l’occupazione nelle piccole/medie imprese
- Se fosse abrogato l’obbligo di reintegrazione del lavoratore di cui all’art.18, la misura dell'indennità risarcitoria spettante al lavoratore non dovrebbe essere stabilita in misura fissa (per il 59,74% del campione), ma sarebbe preferibile per il 68,83% dei Direttori un’indennità risarcitoria variabile, compresa tra 6 e 18 mensilità
- Se l'art.18 prevedesse una misura massima di risarcimento (24 mesi) le aziende potrebbero farsi carico dei costi di ricollocazione (outplacement 10/15% della retribuzione lorda annua del licenziato) e dei costi della formazione per il reinserimento (67,53%)
- Oltre che per poter licenziare per il 61,04% dei Direttori HR la modifica dell'art.18 può servire per tenere alta la tensione e la collaborazione sui risultati aziendali
Con riferimento alla esperienza diretta dei Direttori del personale in azienda emerge che:
- il 46,81% dichiara che l'eventuale abolizione dell'art.18 non peggiorerebbe per niente le relazioni sindacali nella propria impresa o le peggiorerebbe di poco (39,72%)
- al 43,97% è capitato di veder reintegrato un lavoratore dal giudice in base all'art.18 e tra coloro a cui è capitato e che hanno deciso di ricorrere in secondo grado (cioè il 32,14%) solo il 38,78% ha vinto.
Il Presidente Nazionale di GIDP, Paolo Citterio, commenta i risultati con la seguente dichiarazione:
“Fatto salvo che il 68% dei Direttori auspica da parte della Fornero l’abrogazione dell’art.18, emerge una viva preoccupazione da parte dei Direttori HR interrogati a fronte delle reintegrazioni “subite” in connessione all’art.18 in quanto a ben il 43,97% dei colleghi è capitato di dover riassumere un lavoratore su pronuncia del magistrato di primo grado (il 39% dei colleghi ha però vinto la causa ricorrendo!).
Ciò che preoccupa in particolare per gli oneri rilevantissimi a carico delle imprese è che ben il 39,7% del campione ha assistito al reintegro di uno o più lavoratori - allontanati “ingiustamente” dal proprio posto di lavoro – dopo un lasso di tempo che va da 2 anni a 5 anni e più, sinonimo questo di elevati importi di indennità risarcitoria che non tutte le aziende possono sopportare, specialmente in questo periodo.
Ritengo che la cosiddetta “flexsecurity“, auspicata da molti parlamentari di diversi schieramenti politici e indubbiamente bipartisan, sia voluta anche dal mondo delle imprese e in particolare dai Direttori HR. Questi ultimi non temono che la “flexsecurity“ comprometta le loro relazioni sindacali in azienda e anzi sarebbero propensi a destinare le risorse risparmiate dalla diminuzione del contenzioso al sostegno dei costi di ricollocazione (utilizzando validi strumenti di outplacement) e formazione dei lavoratori, in particolare se si potesse prevedere una misura massima di risarcimento (12 mesi o poco più)”.
Ritengo che la ricerca sia molto utile per conoscere il pensiero dei responsabili delle risorse umane in merito all’art. 18 dello Statuto dei lavoratori ma ipotizzare il caso della eliminazione dell’art. 18 non è realistico in quanto nessuno sostiene tale posizione nel confronto politico e sindacale. Certamente la ricerca è utile per capire in che modo l’art. 18 possa essere attualizzato per rimuovere gli ostacoli che purtroppo esistono nel mercato del lavoro, rimanendo ferme le tutele nei confronti dei lavoratori anzi ampliandole con un mix di servizi (riqualificazione professionale, outplacement, adeguamento dei sussidi) finora non realizzati in Italia. Inoltre, occorre disciplinare ex novo il licenziamento per motivi economici per consentire alle aziende di adeguare la pianta organica alla domanda del mercato.
2 commenti:
Finalmente è stato rotto il silenzio assordanate della categoria HRs che li ha visti assenti da tutti i tavoli possibili dove erano presenti invece imprenditori, sindacati e governo!
Daniele Semenzato
Venezia
GIDP tempo fa ha sottoposto alle imprese un documento di sostegno al progetto Flexisecurity di Pietro Ichino
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