La situazione economica e sociale del paese è grave e non si intravedono speranze e prospettive di miglioramento e di crescita nell’azione del Governo.
Il problema più grave è rappresentato dalla base occupazionale:
- Lavoro: disoccupazione all’8,1% con esclusione dei cassaintegrati a zero ore, gli occupati scendono di 71 mila unità nel mese di marzo e nel biennio 2009-2010 si sono persi mezzo milione di posti di lavoro;
- Disoccupazione giovanile si attesta al 29,5% della popolazione attiva;
- Due milioni di giovani non studiano e non lavorano;
- Inattivi scoraggiati al 37,9% contro una media europea del 29,0%;
- Donne: occupazione al 46,1%, tasso di disoccupazione al 9,7%, tasso di inattività al 48,9% ed il 15% delle lavoratrici a cui è nato un figlio (800mila) o sono state direttamente licenziate o sono state messe nelle condizioni di doversi dimettere.
- Cresce il divario tra occupati regolari e lavoratori atipici a vantaggio dei secondi.
Di questi problemi se ne discuterà lunedì 13 giugno alle ore 20,30 presso la sala A.T.E.R. di Piazza Pozza 1/c di Verona nell’incontro con il senatore Pietro Ichino che rappresenta una occasione di confronto e di dialogo tra le forze politiche e sociali sui problemi del lavoro. All’incontro interverranno Arturo Alberti, Presidente Apindustria Verona e Lucia Perina, Segretaria UIL di Verona e parteciperanno Michele Corso, segretario Cgil di Verona, e Massimo Castellani, Segretario Cisl di Verona.
L'incontro è organizzato dal Partito Democratico di Verona.
Il senatore Pietro Ichino illustrerà le sue proposte di cambiamento in materia di:
- mercato del lavoro che genera attualmente dualismo tra lavoratori protetti e precari e disoccupazione giovanile. Ichino prevede un diritto unico per le nuove assunzioni in posizione di dipendenza, la cui tutela aumenta in rapporto all’anzianità dei lavoratori. Secondo la proposta di Ichino “è lavoratore dipendente chi lavora continuativamente per un’azienda, traendo dal rapporto più di due terzi del proprio reddito di lavoro complessivo, quando la retribuzione non superi l’equivalente di 40.000 euro annui”;
- sistema delle relazioni industriali che viene definito dagli osservatori stranieri vischioso ed inconcludente e che non facilità gli investimenti esteri in Italia in un momento di particolare necessità per aumentare la ricchezza del paese. Per Ichino occorre superare il diritto di veto nelle relazioni sindacali e l’art. 19 dello Statuto dei Lavoratori, il quale prevede l’esclusione dalla rappresentanza sindacale dell’organizzazione che non ha firmato almeno un contratto collettivo di lavoro, e stabilire la possibilità di deroghe al contratto nazionale in sede di contrattazione aziendale;
- politica attiva del lavoro, attualmente assente in Italia, che preveda strumenti di riqualificazione professionale collegate all’offerta di lavoro, forme nuove ed unificate di sostegno del reddito e di rioccupazione per i lavoratori disoccupati.
I disegni di legge del senatore Pietro Ichino hanno aperto un dibattito nel paese tra gli imprenditori, le forze sociali e le organizzazioni sindacali senza pervenire ad un appuntamento parlamentare che affrontasse i temi del mercato del lavoro, delle relazioni industriali e del lavoro precario.
Il ministro Sacconi si è distinto per non essere intervenuto per migliorare il mercato del lavoro ed il sistema di relazioni industriali, pensando che le libere forze del mercato potranno risolvere automaticamente le attuali ingiustizie e distorsioni del sistema Italia.
Si ritiene che la sola crescita economica, la quale crea nuovi equilibri con una base occupazionale meno ampia rispetto al periodo pre-crisi, non sia sufficiente per creare un futuro certo per i giovani disoccupati. Occorre intervenire anche sulle normative che regolano l’attuale sistema che genera ingiustizie sociali e creare un nuovo equilibrio che restituisca ai lavoratori sicurezza, tutela e futuro ed elimini le attuali distorsioni.
Intervenire con piccoli correttivi che confermano l’attuale sistema significa alleviare le sofferenze e non curare il male.
I seguenti dati sull’economia desunti dall’Istat, dalla Banca d’Italia, dall’Ocse e dal centro studi della Confindustria descrivono chiaramente la situazione grave e drammatica dell’Italia:
- Crescita: il tasso di crescita dell’Italia è basso e si attesta all’1,0% mentre a livello internazionale il Pil cresce nel 2010 del 5,0%, diminuiscono i consumi ed il rischio povertà interessa circa 15 milioni di persone;
- Conti pubblici: indebitamento netto al 4,0% e debito al 119,8% del Pil;
- Fisco: colpisce di più i redditi bassi e coloro che hanno bisogno di interventi a sostegno del reddito;
- Evasione fiscale: le risorse rappresentate dall’evasione fiscale vanno recuperate ed investite per realizzare equità e giustizia sociale e sostenere la crescita;
- Produzione industriale: l’Italia è posizionata al 7° posto tra le potenze industriali ed è stata superata da India e Corea.
IL Governo pensa ad una manovra estiva insufficiente rispetto ai problemi del paese e ad una revisione delle tasse come azione propagandistica per acquisire i consensi persi nelle recenti elezioni amministrative. Inoltre, grava sull’Italia il raggiungimento degli obiettivi stabiliti dall’Europa entro il 2014: Pareggio del Bilancio ed eliminazione del debito pubblico.
Gli obiettivi della spesa e del debito pubblico devono entrare in una strategia più ampia del paese che coniughi il controllo della spesa, l’eliminazione degli spreghi e dei doppioni e la creazione della ricchezza. Occorre incoraggiare gli investimenti esteri, eliminando i fattori che si frappongono a tale obiettivo, perché abbiamo bisogno di nuove risorse.
Senza una strategia seria ed incisiva che muti gli attuali equilibri ed affronti i problemi reali del paese ci troveremo passivamente a subire ancora una volta tagli indiscriminati ed orizzontali che restringono ancora di più gli interventi dello Stato e delle Autonomie locali nel sociale e nei servizi pubblici locali.
- mercato del lavoro che genera attualmente dualismo tra lavoratori protetti e precari e disoccupazione giovanile. Ichino prevede un diritto unico per le nuove assunzioni in posizione di dipendenza, la cui tutela aumenta in rapporto all’anzianità dei lavoratori. Secondo la proposta di Ichino “è lavoratore dipendente chi lavora continuativamente per un’azienda, traendo dal rapporto più di due terzi del proprio reddito di lavoro complessivo, quando la retribuzione non superi l’equivalente di 40.000 euro annui”;
- sistema delle relazioni industriali che viene definito dagli osservatori stranieri vischioso ed inconcludente e che non facilità gli investimenti esteri in Italia in un momento di particolare necessità per aumentare la ricchezza del paese. Per Ichino occorre superare il diritto di veto nelle relazioni sindacali e l’art. 19 dello Statuto dei Lavoratori, il quale prevede l’esclusione dalla rappresentanza sindacale dell’organizzazione che non ha firmato almeno un contratto collettivo di lavoro, e stabilire la possibilità di deroghe al contratto nazionale in sede di contrattazione aziendale;
- politica attiva del lavoro, attualmente assente in Italia, che preveda strumenti di riqualificazione professionale collegate all’offerta di lavoro, forme nuove ed unificate di sostegno del reddito e di rioccupazione per i lavoratori disoccupati.
I disegni di legge del senatore Pietro Ichino hanno aperto un dibattito nel paese tra gli imprenditori, le forze sociali e le organizzazioni sindacali senza pervenire ad un appuntamento parlamentare che affrontasse i temi del mercato del lavoro, delle relazioni industriali e del lavoro precario.
Il ministro Sacconi si è distinto per non essere intervenuto per migliorare il mercato del lavoro ed il sistema di relazioni industriali, pensando che le libere forze del mercato potranno risolvere automaticamente le attuali ingiustizie e distorsioni del sistema Italia.
Si ritiene che la sola crescita economica, la quale crea nuovi equilibri con una base occupazionale meno ampia rispetto al periodo pre-crisi, non sia sufficiente per creare un futuro certo per i giovani disoccupati. Occorre intervenire anche sulle normative che regolano l’attuale sistema che genera ingiustizie sociali e creare un nuovo equilibrio che restituisca ai lavoratori sicurezza, tutela e futuro ed elimini le attuali distorsioni.
Intervenire con piccoli correttivi che confermano l’attuale sistema significa alleviare le sofferenze e non curare il male.
I seguenti dati sull’economia desunti dall’Istat, dalla Banca d’Italia, dall’Ocse e dal centro studi della Confindustria descrivono chiaramente la situazione grave e drammatica dell’Italia:
- Crescita: il tasso di crescita dell’Italia è basso e si attesta all’1,0% mentre a livello internazionale il Pil cresce nel 2010 del 5,0%, diminuiscono i consumi ed il rischio povertà interessa circa 15 milioni di persone;
- Conti pubblici: indebitamento netto al 4,0% e debito al 119,8% del Pil;
- Fisco: colpisce di più i redditi bassi e coloro che hanno bisogno di interventi a sostegno del reddito;
- Evasione fiscale: le risorse rappresentate dall’evasione fiscale vanno recuperate ed investite per realizzare equità e giustizia sociale e sostenere la crescita;
- Produzione industriale: l’Italia è posizionata al 7° posto tra le potenze industriali ed è stata superata da India e Corea.
IL Governo pensa ad una manovra estiva insufficiente rispetto ai problemi del paese e ad una revisione delle tasse come azione propagandistica per acquisire i consensi persi nelle recenti elezioni amministrative. Inoltre, grava sull’Italia il raggiungimento degli obiettivi stabiliti dall’Europa entro il 2014: Pareggio del Bilancio ed eliminazione del debito pubblico.
Gli obiettivi della spesa e del debito pubblico devono entrare in una strategia più ampia del paese che coniughi il controllo della spesa, l’eliminazione degli spreghi e dei doppioni e la creazione della ricchezza. Occorre incoraggiare gli investimenti esteri, eliminando i fattori che si frappongono a tale obiettivo, perché abbiamo bisogno di nuove risorse.
Senza una strategia seria ed incisiva che muti gli attuali equilibri ed affronti i problemi reali del paese ci troveremo passivamente a subire ancora una volta tagli indiscriminati ed orizzontali che restringono ancora di più gli interventi dello Stato e delle Autonomie locali nel sociale e nei servizi pubblici locali.
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