Il rapporto Istat “La ricchezza delle famiglie italiane” indica che la distribuzione della ricchezza ha un alto livello di concentrazione che impedisce la mobilità sociale delle famiglie più povere ed una prospettiva di uguaglianza. Il rapporto Istat afferma che “la distribuzione della ricchezza è caratterizzata da un elevato grado di concentrazione: - molte famiglie detengono livelli modesti o nulli di ricchezza; - all’opposto, poche famiglie dispongono di una ricchezza elevata. Le informazioni sulla distribuzione della ricchezza desunte dall’indagine campionaria della Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie italiane indicano che alla fine del 2008 la metà più povera delle famiglie italiane deteneva il 10 per cento della ricchezza totale, mentre il 10 per cento più ricco deteneva quasi il 45 per cento della ricchezza complessiva. L’indice di Gini, che varia tra 0 (minima concentrazione) e 1 (massima concentrazione), risultava pari a 0,613, sostanzialmente in linea con quello osservato nel 2006.
Il numero di famiglie con una ricchezza netta negativa, alla fine del 2008 pari al 3,2 per cento, risulta invece in lieve ma graduale crescita dal 2000 in poi. Secondo le stime disponibili, nel confronto internazionale l’Italia registra un livello di disuguaglianza della ricchezza netta tra le famiglie piuttosto contenuto, anche rispetto ai soli paesi più sviluppati”.
“Tra la fine del 2008 e la fine del 2009 la ricchezza netta per famiglia è diminuita dello 0,3 per cento a prezzi correnti e dello 0,2 a prezzi costanti; sempre a prezzi costanti, la ricchezza netta per famiglia è tornata su livelli di poco inferiori a quelli che si registravano alla fine del 2005”.
Il rapporto dell’Istat dimostra che è necessario varare una riforma fiscale per sostenere le famiglie più povere e per effettuare una redistribuzione della ricchezza. Il ceto medio si è impoverito e le famiglie povere sono diventate più povere.
Ad aggravare in futuro la situazione delle famiglie e dei cittadini è l’applicazione del federalismo fiscale. Dallo studio effettuato da Marco Stradiotto, senatore del Partito Democratico, si evince che tra i 92 comuni italiani capoluogo di provincia, 52 riceveranno dei benefici dalla proposta di riforma del federalismo fiscale e 40 verranno invece penalizzati. Concretamente vi saranno 445 miliardi in meno di risorse statali per i servizi comunali. Minori finanziamenti a gran parte dei comuni significa maggiori esborsi da parte dei cittadini per usufruire dei servizi pubblici locali. I tagli interesseranno in gran parte i comuni del Sud.
In Italia non vi è una ricchezza diffusa che consente ai cittadini di vivere bene e, pertanto, occorrono delle riforme al fine di creare una maggiore giustizia sociale e per eliminare le sacche di povertà che si allargano sempre di più con il passare del tempo.
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Il numero di famiglie con una ricchezza netta negativa, alla fine del 2008 pari al 3,2 per cento, risulta invece in lieve ma graduale crescita dal 2000 in poi. Secondo le stime disponibili, nel confronto internazionale l’Italia registra un livello di disuguaglianza della ricchezza netta tra le famiglie piuttosto contenuto, anche rispetto ai soli paesi più sviluppati”.
“Tra la fine del 2008 e la fine del 2009 la ricchezza netta per famiglia è diminuita dello 0,3 per cento a prezzi correnti e dello 0,2 a prezzi costanti; sempre a prezzi costanti, la ricchezza netta per famiglia è tornata su livelli di poco inferiori a quelli che si registravano alla fine del 2005”.
Il rapporto dell’Istat dimostra che è necessario varare una riforma fiscale per sostenere le famiglie più povere e per effettuare una redistribuzione della ricchezza. Il ceto medio si è impoverito e le famiglie povere sono diventate più povere.
Ad aggravare in futuro la situazione delle famiglie e dei cittadini è l’applicazione del federalismo fiscale. Dallo studio effettuato da Marco Stradiotto, senatore del Partito Democratico, si evince che tra i 92 comuni italiani capoluogo di provincia, 52 riceveranno dei benefici dalla proposta di riforma del federalismo fiscale e 40 verranno invece penalizzati. Concretamente vi saranno 445 miliardi in meno di risorse statali per i servizi comunali. Minori finanziamenti a gran parte dei comuni significa maggiori esborsi da parte dei cittadini per usufruire dei servizi pubblici locali. I tagli interesseranno in gran parte i comuni del Sud.
In Italia non vi è una ricchezza diffusa che consente ai cittadini di vivere bene e, pertanto, occorrono delle riforme al fine di creare una maggiore giustizia sociale e per eliminare le sacche di povertà che si allargano sempre di più con il passare del tempo.
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