L’incontro, organizzato dal Partito Democratico di Verona, è riuscito per la partecipazione attenta ed attiva dei cittadini veronesi. Gli argomenti molto impegnativi sono stati affrontati dai relatori con molta efficacia ed hanno suscitato l’interesse dei convenuti.
E’ intervenuto Vincenzo D’Arienzo, segretario del PD di Verona, che ha ringraziato i partecipanti ed ha sottolineato i pericoli di infiltrazione della criminalità organizzata a Verona a causa degli investimenti, di cui è interessato il territorio scaligero. Per tale motivo ha richiesto a tutta la classe politica molta attenzione ed ha proposto un accordo con le istituzioni al fine di respingere eventuali fenomeni criminali che potrebbero manifestarsi.
L’incontro è stato presieduto da Franco Bonfante, vice presidente del Consiglio Regionale Veneto, il quale ha ricordato i fenomeni criminali che hanno interessato la Provincia di Verona ed il disegno di legge per disciplinare i rapporti tra la Regione e le lobby, il quale è stato sabotato dall’attuale maggioranza di centro destra in Regione. Bonfante ha informato i presenti che il gruppo regionale del PD sta preparando un disegno di legge sulla prevenzione del crimine organizzato e mafioso.
Guido Melis, deputato del Pd della commissione Giustizia ma storico di professione, ha iniziato il suo intervento con una memoria d’altri tempi. Nel 1913 – ha detto – capitò ad Attilio Brunialti, eminente consigliere di Stato e amico di Giolitti, “uno di quegli incidenti che raramente si ripetono”: “gli fu intestata una casa senza che ne fosse a conoscenza”. L’episodio – ha spiegato Melis – si inquadrava nello scandalo del Palazzo di giustizia romano (il cosiddetto “palazzaccio”) e Brunialti era accusato di aver presieduto una commissione arbitrale favorendo l’impresa che poi gli avrebbe …intestato la casa. Scoppiato il caso, il presidente del Consiglio di Stato propose a Giolitti di mettere tutto a tacere in cambio delle dimissioni del Brunialti. Ma Giolitti rifiutò. Chiese e pretese la commissione di disciplina e l’allontanamento del reo dal Consiglio di Stato. Episodio istruttivo – ha sostenuto Melis - , che denota una sensibilità della politica verso la correttezza amministrativa che in tempi più recenti si è andata molto attenuando.
Secondo Melis al dilagare della corruzione concorrono alcuni fattori strutturali: in primo luogo la soppressione o quasi dei grandi corpi ispettivi dell’amministrazione, in grado in passato di intervenire istantaneamente senza attendere l’eventuale iniziativa di un giudice e la condanna penale; e in secondo luogo la fine dei corpi tecnici (a cominciare da quelli preposti alle opere pubbliche) che garantivano un tempo allo Stato di poter valutare minuto per munito la congruenza degli appalti e lo stato di avanzamento delle opere pubbliche. Melis ha molto insistito sul fatto che la lotta alla corruzione ha successo se si esprime con misure preventive , e non meramente repressive. Occorre innanzitutto ripristinare una opinione pubblica attenta, che davvero si indigni dinnanzi alla corruzione (il berlusconismo, in questo senso, ha fatto dei disastri, indebolendo molto queste autodifese del corpo sociale). Ma bisogna pure agire sul contesto generale nel quale la corruzione matura: la politica deve stare più distante dall’amministrazione, la pubblica amministrazione stessa dev’essere autorevole (reclutata per concorso, valutata secondo il merito), la dirigenza amministrativa deve avere una sua specifica capacità di resistere alle pressioni esterne degli interessi. Si tratta di lavorare con una legislazione adeguata ma soprattutto con una prassi costante, ricostruendo mattone dopo mattone l’edificio della credibilità dell’apparato pubblico. “La scure del magistrato è spesso indispensabile – ha concluso Melis -, ma non può sostituire il bisturi tempestivo della buona e corretta amministrazione, che interviene subito e elimina il fenomeno corruttivo al suo nascere”.
Guido Papalia, procuratore generale della Corte di Appello di Brescia, ha dichiarato che, come espressamente affermato in vari strumenti internazionali che sollecitano l'impegno di tutti gli Stati contro tale forma di criminalità, “la corruzione è una "piaga insidiosa" che, tra l'altro, minaccia la democrazia, cagiona gravi danni economici e aiuta lo sviluppo della criminalità organizzata. Questa mala pianta oggi è molto diffusa nel nostro paese e alligna anche a Verona e viene percepita come una "tassa" o un "pizzo" ingiusto e insopportabile dai cittadini”.
“Se all' epoca della c.d. "tangentopoli", ha spiegato Papalia, la corruzione era stata regolamentata e gestita direttamente dai partiti che amministravano la cosa pubblica e facevano parte con i propri rappresentanti legali dei c.d. "comitati d'affari", cittadini che imponevano le tangenti e le distribuivano tra le varie rappresentanze a seconda del peso politico di ciascun partito e, all'interno di ogni partito, a seconda del peso delle varie correnti, oggi tale attività criminale e opera di personaggi singoli che agiscono come "cani sciolti" che si fanno appoggiare da poteri occulti, preesistenti o appositamente creati (P3, P4, ecc.), e che, purtroppo, riescono ad acquisire molto potere e ad inquinare dall'interno i gangli più alti dell'apparato politico”.
“Se è certamente importante, continua Papalia, un intervento sul versante preventivo/amministrativo, secondo le linee tracciate dall'on. Melis, è altrettanto urgente e necessaria una riforma sul versante repressivo/penale. Come già accade in molti altri paese europei e come è espressamente raccomandato da molte convenzioni internazionali, deve essere prevista la punizione anche di chi funge da intermediario facendosi dare soldi o altri utilità per influire sul comportamento di un pubblico ufficiale (c.d. traffico di influenze) e di chi vende la propria funzione venendo, iscritto al cosiddetto "libro paga", in violazione del principio costituzionale secondo cui la pubblica funzione deve essere esercitata con disciplina e onore, indipendentemente dal compimento di un determinato atto di ufficio che, spesso, è difficilmente individuabile”.
“Altrettanto importante, conclude Guido Papalia, è una rivisitazione del reato di abuso di ufficio che consenta di intervenire più efficacemente in tutti i casi di conflitto di interessi che si verificano quando, come sempre più spesso accade, il pubblico amministratore è anche imprenditore o affarista, nonché una reintroduzione come fattispecie penale effettivamente sanzionata, del reato di falso in bilancio. Una particolare attenzione deve essere, poi, rivolta da chiunque ha responsabilità politico/amministrative ai tentativi di infiltrazione mafiosa nella gestione della cosa pubblica. Se fino a qualche anno fa l'intervento diretto della mafia nella gestione degli affari politico/amministrativi sembrava avvenire esclusivamente nelle regioni del sud dove la mafia e tradizionalmente ben radicata, oggi, come hanno dimostrato recenti indagini della magistratura sull'asse Milano Reggio Calabria, tale pericolo è presente anche in molte zone del nord Italia”.
“L’Italia pur rimanendo la settima potenza industriale nel mondo, afferma Antonino Leone (responsabile PA del PD di Verona), presenta fattori di debolezza strutturale misurati e valutati da organismi internazionali: alto livello di corruzione, alta opacità (bassa trasparenza), il ranking più basso per la competitività tra i paesi del G7. Inoltre, presenta alcuni fenomeni che sembrano incontrollabili: - l’evasione fiscale con un imponibile evaso ogni anno di circa 270 miliardi e un’imposta evasa di circa 125 miliardi; - l’economia criminale che fattura il 10% del Pil che ammonta a circa 100-135 miliardi con una imposta evasa di circa 63 miliardi”. “Fenomeni questi, continua Antonino Leone, che possono essere combattuti adeguatamente anche con uno scambio tra i cittadini e le istituzioni: - Meno privacy per i cittadini e più trasparenza per lo Stato; - Meno riservatezza da parte delle Istituzioni e più trasparenza a favore dei cittadini. Il primo punto consente allo Stato di utilizzare l’informazione analitica attraverso l’elaborazione di dati ed informazioni per contrastare l’evasione fiscale e l’economia criminale (flussi di pagamento, dichiarazione fiscale). Il secondo consente ai cittadini di controllare in modo costante l’operato degli amministratori e di partecipare con proposte ed interventi al fine di migliorare l’erogazione dei servizi, eliminare i costi inutili e gli sprechi che non ci possiamo più permettere (performance, indicatori) e recuperare il rapporto di fiducia con i cittadini. Occorre riorganizzare controlli mirati ed adeguati che, basandosi sulle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione, consentano allo Stato di assumere decisioni ed intraprendere azioni efficaci e di creare capacità distintive per combattere il fenomeno della corruzione e della criminalità ed un vantaggio competitivo nei confronti della criminalità organizzata”.
“Il Partito Democratico di Verona, conclude Antonino Leone, è impegnato a rimuovere gli ostacoli di natura culturale e creare nuove prospettive affinché la cultura della franchezza, della sincerità e della trasparenza possa affermarsi nel sistema politico e nelle enti locali della Provincia”.
Dopo le relazioni introduttive sono stati numerosi gli interventi dei partecipanti che hanno posto dei quesiti e chiesto chiarimenti ai relatori, i quali hanno risposto con completezza e disponibilità. Sonia Todesco, dirigente della Cgil, ha sottolineato gli ostacoli insormontabili che si incontrano nel sistema pubblico nell’affrontare il problema della corruzione in particolar modo da parte dei dirigenti e Gabriella Dimitri, dirigente dell’Azienda Ospedaliera di Verona, ha espresso l’urgenza di ripristinare i concorsi pubblici e la valutazione delle competenze nel processo di selezione delle risorse umane nel settore della sanità.
Secondo Melis al dilagare della corruzione concorrono alcuni fattori strutturali: in primo luogo la soppressione o quasi dei grandi corpi ispettivi dell’amministrazione, in grado in passato di intervenire istantaneamente senza attendere l’eventuale iniziativa di un giudice e la condanna penale; e in secondo luogo la fine dei corpi tecnici (a cominciare da quelli preposti alle opere pubbliche) che garantivano un tempo allo Stato di poter valutare minuto per munito la congruenza degli appalti e lo stato di avanzamento delle opere pubbliche. Melis ha molto insistito sul fatto che la lotta alla corruzione ha successo se si esprime con misure preventive , e non meramente repressive. Occorre innanzitutto ripristinare una opinione pubblica attenta, che davvero si indigni dinnanzi alla corruzione (il berlusconismo, in questo senso, ha fatto dei disastri, indebolendo molto queste autodifese del corpo sociale). Ma bisogna pure agire sul contesto generale nel quale la corruzione matura: la politica deve stare più distante dall’amministrazione, la pubblica amministrazione stessa dev’essere autorevole (reclutata per concorso, valutata secondo il merito), la dirigenza amministrativa deve avere una sua specifica capacità di resistere alle pressioni esterne degli interessi. Si tratta di lavorare con una legislazione adeguata ma soprattutto con una prassi costante, ricostruendo mattone dopo mattone l’edificio della credibilità dell’apparato pubblico. “La scure del magistrato è spesso indispensabile – ha concluso Melis -, ma non può sostituire il bisturi tempestivo della buona e corretta amministrazione, che interviene subito e elimina il fenomeno corruttivo al suo nascere”.
Guido Papalia, procuratore generale della Corte di Appello di Brescia, ha dichiarato che, come espressamente affermato in vari strumenti internazionali che sollecitano l'impegno di tutti gli Stati contro tale forma di criminalità, “la corruzione è una "piaga insidiosa" che, tra l'altro, minaccia la democrazia, cagiona gravi danni economici e aiuta lo sviluppo della criminalità organizzata. Questa mala pianta oggi è molto diffusa nel nostro paese e alligna anche a Verona e viene percepita come una "tassa" o un "pizzo" ingiusto e insopportabile dai cittadini”.
“Se all' epoca della c.d. "tangentopoli", ha spiegato Papalia, la corruzione era stata regolamentata e gestita direttamente dai partiti che amministravano la cosa pubblica e facevano parte con i propri rappresentanti legali dei c.d. "comitati d'affari", cittadini che imponevano le tangenti e le distribuivano tra le varie rappresentanze a seconda del peso politico di ciascun partito e, all'interno di ogni partito, a seconda del peso delle varie correnti, oggi tale attività criminale e opera di personaggi singoli che agiscono come "cani sciolti" che si fanno appoggiare da poteri occulti, preesistenti o appositamente creati (P3, P4, ecc.), e che, purtroppo, riescono ad acquisire molto potere e ad inquinare dall'interno i gangli più alti dell'apparato politico”.
“Se è certamente importante, continua Papalia, un intervento sul versante preventivo/amministrativo, secondo le linee tracciate dall'on. Melis, è altrettanto urgente e necessaria una riforma sul versante repressivo/penale. Come già accade in molti altri paese europei e come è espressamente raccomandato da molte convenzioni internazionali, deve essere prevista la punizione anche di chi funge da intermediario facendosi dare soldi o altri utilità per influire sul comportamento di un pubblico ufficiale (c.d. traffico di influenze) e di chi vende la propria funzione venendo, iscritto al cosiddetto "libro paga", in violazione del principio costituzionale secondo cui la pubblica funzione deve essere esercitata con disciplina e onore, indipendentemente dal compimento di un determinato atto di ufficio che, spesso, è difficilmente individuabile”.
“Altrettanto importante, conclude Guido Papalia, è una rivisitazione del reato di abuso di ufficio che consenta di intervenire più efficacemente in tutti i casi di conflitto di interessi che si verificano quando, come sempre più spesso accade, il pubblico amministratore è anche imprenditore o affarista, nonché una reintroduzione come fattispecie penale effettivamente sanzionata, del reato di falso in bilancio. Una particolare attenzione deve essere, poi, rivolta da chiunque ha responsabilità politico/amministrative ai tentativi di infiltrazione mafiosa nella gestione della cosa pubblica. Se fino a qualche anno fa l'intervento diretto della mafia nella gestione degli affari politico/amministrativi sembrava avvenire esclusivamente nelle regioni del sud dove la mafia e tradizionalmente ben radicata, oggi, come hanno dimostrato recenti indagini della magistratura sull'asse Milano Reggio Calabria, tale pericolo è presente anche in molte zone del nord Italia”.
“L’Italia pur rimanendo la settima potenza industriale nel mondo, afferma Antonino Leone (responsabile PA del PD di Verona), presenta fattori di debolezza strutturale misurati e valutati da organismi internazionali: alto livello di corruzione, alta opacità (bassa trasparenza), il ranking più basso per la competitività tra i paesi del G7. Inoltre, presenta alcuni fenomeni che sembrano incontrollabili: - l’evasione fiscale con un imponibile evaso ogni anno di circa 270 miliardi e un’imposta evasa di circa 125 miliardi; - l’economia criminale che fattura il 10% del Pil che ammonta a circa 100-135 miliardi con una imposta evasa di circa 63 miliardi”. “Fenomeni questi, continua Antonino Leone, che possono essere combattuti adeguatamente anche con uno scambio tra i cittadini e le istituzioni: - Meno privacy per i cittadini e più trasparenza per lo Stato; - Meno riservatezza da parte delle Istituzioni e più trasparenza a favore dei cittadini. Il primo punto consente allo Stato di utilizzare l’informazione analitica attraverso l’elaborazione di dati ed informazioni per contrastare l’evasione fiscale e l’economia criminale (flussi di pagamento, dichiarazione fiscale). Il secondo consente ai cittadini di controllare in modo costante l’operato degli amministratori e di partecipare con proposte ed interventi al fine di migliorare l’erogazione dei servizi, eliminare i costi inutili e gli sprechi che non ci possiamo più permettere (performance, indicatori) e recuperare il rapporto di fiducia con i cittadini. Occorre riorganizzare controlli mirati ed adeguati che, basandosi sulle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione, consentano allo Stato di assumere decisioni ed intraprendere azioni efficaci e di creare capacità distintive per combattere il fenomeno della corruzione e della criminalità ed un vantaggio competitivo nei confronti della criminalità organizzata”.
“Il Partito Democratico di Verona, conclude Antonino Leone, è impegnato a rimuovere gli ostacoli di natura culturale e creare nuove prospettive affinché la cultura della franchezza, della sincerità e della trasparenza possa affermarsi nel sistema politico e nelle enti locali della Provincia”.
Dopo le relazioni introduttive sono stati numerosi gli interventi dei partecipanti che hanno posto dei quesiti e chiesto chiarimenti ai relatori, i quali hanno risposto con completezza e disponibilità. Sonia Todesco, dirigente della Cgil, ha sottolineato gli ostacoli insormontabili che si incontrano nel sistema pubblico nell’affrontare il problema della corruzione in particolar modo da parte dei dirigenti e Gabriella Dimitri, dirigente dell’Azienda Ospedaliera di Verona, ha espresso l’urgenza di ripristinare i concorsi pubblici e la valutazione delle competenze nel processo di selezione delle risorse umane nel settore della sanità.
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