Ieri lo spread fra i nostri titoli di Stato e i Bund tedeschi si è ulteriormente allargato raggiungendo un nuovo massimo storico: 304 punti base. Stiamo ormai superando la Spagna nella percezione del rischio. Siamo noi a essere considerati i “next on the line”, i prossimi a rischio di contagio nella crisi del debito. Non c’è un complotto. Quella della speculazione orchestrata contro di noi per distrarre dai mali altrui è una tesi deresponsabilizzante e fuorviante: serve solo a coprire gli errori della classe politica e attribuisce agli investitori capacità di coordinamento che non hanno neanche i governi. La verità è che il mercato non crede più al risanamento dei nostri conti pubblici. E non servirà certo il divieto di vendite allo scoperto, che la Consob ha saggiamente rinviato, a invertire la tendenza.
Ciò che è venuto davvero allo scoperto in queste ultime settimane è lo sfacelo di una maggioranza che litiga su tutto e di un Presidente del Consiglio che si concede un trasferimento di 750 milioni (poi rivelatisi 560) mentre chiede agli italiani nuovi sacrifici, che pensa solo alle sue intricate vicende famigliari mentre il Paese va alla deriva. È un comportamento che lascia senza alcun freno i sempre più numerosi partiti che compongono l’attuale maggioranza. Consapevoli che oggi perderebbero le elezioni (lo ha confessato Scajola a Mirabello), cercano di prendere tempo accontentando in qualche modo le loro basi elettorali. Per questo il mercato non crede ai saldi scritti nella manovra.
Gli investitori che poi guardano a fondo i numeri della manovra hanno ulteriori motivi per preoccuparsi. Non è solo il rinvio ai posteri dell’aggiustamento che colpisce. Il fatto è che nel 2011 e 2012 si fanno tante spese aggiuntive, che sono coperte solo sulla carta. Il Fondo Interventi Strutturali per la Politica Economica (Ispe) un vero e proprio bancomat in mano al Tesoro per offrire copertura in corso d’anno a interventi di ogni tipo, viene dotato nel 2012 di ben 5 miliardi e 850 milioni che verranno presumibilmente destinati a prebende elettorali. La tassa sui depositi titoli si sta già rivelando un controsenso nel momento in cui bisogna incoraggiare gli italiani a comprare titoli di Stato. Molti sono pronti a scommettere che verrà abolita. Anche gli esigui risparmi sulle pensioni sembrano destinati ad evaporare. Le Spending Reviews ci sono solo sulla carta, un inglesismo con cui ingentilire una manovra, privo di gambe su cui camminare, già depotenziato in partenza. E si potrebbero fare molti altri esempi.
La crisi di credibilità può essere fermata solo coi segnali forti. Ci sono tagli che si possono fare subito senza alcun vincolo normativo ed effetto depressivo. Al contrario, servono per la crescita del Paese. Esempi? Non mancano. Si può abolire il Fondo Ispe destinando tutte le sue risorse alla riduzione del disavanzo. Meno prebende fanno bene all’economia. Si può porre un tetto al monte compensi dei parlamentari: non potrà eccedere i compensi medi dei loro omologhi in Europa o negli Stati Uniti (dove percepiscono un terzo in meno dei nostri) moltiplicati per 300. Se vogliono guadagnare di più, dovranno essere di meno. Sarà un potente incentivo a ridurre il numero dei parlamentari: non ce ne servono più di 300 se guardiamo al rapporto fra popolazione e parlamentari nelle democrazie consolidate. Si possono calcolare le pensioni dei parlamentari col metodo contributivo, quello che ormai si applica a tutti gli italiani. È possibile sciogliere immediatamente gli organi politici delle Province sostituendoli con un’assemblea dei sindaci (già pagati) presieduta da quello del comune capoluogo. Si possono ancora aggregare i Comuni (due terzi dei quali hanno meno di 5.000 abitanti) rendendo quelli più piccoli solo organi consultivi, come i vecchi consigli di quartiere, privi di sedi amministrative e personale. Sono tutte operazioni che tagliano spese e fanno bene alla crescita del Paese perché aumentano la concorrenza, spiazzando chi vive di trasferimenti pubblici, e migliorando la selezione della classe politica. È difficile trovare un bravo sindaco in un Comune di 83 abitanti; più facile trovare un amministratore capace tra 5.000 o più concittadini.
Sono tutte operazioni che darebbero un segnale importante ai mercati e porterebbero a ridurre il deficit già nel 2012: fino a un punto di pil di disavanzo in meno. Servirebbero anche a rendere comprensibili agli italiani i sacrifici cui verranno comunque chiamati. Serviranno a far capire agli europei perché oggi bisogna aiutare il nostro Paese. Perché l’Europa può e sarà costretta ad aiutarci se non vuole assistere imbelle al disfacimento dell’euro. Non basta la “moral suasion” di una Angela Merkel che telefona al nostro Presidente del Consiglio. Importante che il fondo di stabilità europeo sia messo in condizione di acquistare titoli di Stato sul mercato secondario. La Banca Centrale Europea può anche intervenire acquistando nostri titoli di Stato sul mercato secondario, oltre che accettarli in garanzia. Sarebbe un modo per evitare che siano le nostre banche a imbottirsi di buoni del tesoro, in quello che rischia di diventare un abbraccio mortale: oggi i nostri istituti di credito soffrono, in attesa della divulgazione dei risultati degli stress test, soprattutto perché imbottite di Btp. E offrirebbe alla Bce, una volta superata la crisi, plusvalenze utili a compensare le perdite patrimoniali subite negli interventi a favore della Grecia.
Rimane, comunque, il problema politico di un governo che non c’è e di un’opposizione che comincia solo ora a dare qualche segnale di responsabilità. Non è la mia materia, ma il momento è talmente grave da spingermi in territori inesplorati. Ci vuole al più presto una manovra potenziata, con riduzione del disavanzo già nel 2011 e 2012 ad esempio come proposto sopra, e il voto del Parlamento che le dia forza di legge. Se fosse l’ultimo atto di questo Governo, troverebbe più facilmente il sostegno dell’opposizione e, quel che più conta in questo momento, l’approvazione dei mercati. Perché l’impressione è che oggi solo un Governo del Presidente sarebbe in grado di salvare il nostro Paese dalla crisi di credibilità. Il presidente Napolitano è l’unica persona che oggi ha l’autorevolezza sul piano internazionale e la popolarità sul piano interno necessarie per portarci fuori dalla tempesta.
Gli investitori che poi guardano a fondo i numeri della manovra hanno ulteriori motivi per preoccuparsi. Non è solo il rinvio ai posteri dell’aggiustamento che colpisce. Il fatto è che nel 2011 e 2012 si fanno tante spese aggiuntive, che sono coperte solo sulla carta. Il Fondo Interventi Strutturali per la Politica Economica (Ispe) un vero e proprio bancomat in mano al Tesoro per offrire copertura in corso d’anno a interventi di ogni tipo, viene dotato nel 2012 di ben 5 miliardi e 850 milioni che verranno presumibilmente destinati a prebende elettorali. La tassa sui depositi titoli si sta già rivelando un controsenso nel momento in cui bisogna incoraggiare gli italiani a comprare titoli di Stato. Molti sono pronti a scommettere che verrà abolita. Anche gli esigui risparmi sulle pensioni sembrano destinati ad evaporare. Le Spending Reviews ci sono solo sulla carta, un inglesismo con cui ingentilire una manovra, privo di gambe su cui camminare, già depotenziato in partenza. E si potrebbero fare molti altri esempi.
La crisi di credibilità può essere fermata solo coi segnali forti. Ci sono tagli che si possono fare subito senza alcun vincolo normativo ed effetto depressivo. Al contrario, servono per la crescita del Paese. Esempi? Non mancano. Si può abolire il Fondo Ispe destinando tutte le sue risorse alla riduzione del disavanzo. Meno prebende fanno bene all’economia. Si può porre un tetto al monte compensi dei parlamentari: non potrà eccedere i compensi medi dei loro omologhi in Europa o negli Stati Uniti (dove percepiscono un terzo in meno dei nostri) moltiplicati per 300. Se vogliono guadagnare di più, dovranno essere di meno. Sarà un potente incentivo a ridurre il numero dei parlamentari: non ce ne servono più di 300 se guardiamo al rapporto fra popolazione e parlamentari nelle democrazie consolidate. Si possono calcolare le pensioni dei parlamentari col metodo contributivo, quello che ormai si applica a tutti gli italiani. È possibile sciogliere immediatamente gli organi politici delle Province sostituendoli con un’assemblea dei sindaci (già pagati) presieduta da quello del comune capoluogo. Si possono ancora aggregare i Comuni (due terzi dei quali hanno meno di 5.000 abitanti) rendendo quelli più piccoli solo organi consultivi, come i vecchi consigli di quartiere, privi di sedi amministrative e personale. Sono tutte operazioni che tagliano spese e fanno bene alla crescita del Paese perché aumentano la concorrenza, spiazzando chi vive di trasferimenti pubblici, e migliorando la selezione della classe politica. È difficile trovare un bravo sindaco in un Comune di 83 abitanti; più facile trovare un amministratore capace tra 5.000 o più concittadini.
Sono tutte operazioni che darebbero un segnale importante ai mercati e porterebbero a ridurre il deficit già nel 2012: fino a un punto di pil di disavanzo in meno. Servirebbero anche a rendere comprensibili agli italiani i sacrifici cui verranno comunque chiamati. Serviranno a far capire agli europei perché oggi bisogna aiutare il nostro Paese. Perché l’Europa può e sarà costretta ad aiutarci se non vuole assistere imbelle al disfacimento dell’euro. Non basta la “moral suasion” di una Angela Merkel che telefona al nostro Presidente del Consiglio. Importante che il fondo di stabilità europeo sia messo in condizione di acquistare titoli di Stato sul mercato secondario. La Banca Centrale Europea può anche intervenire acquistando nostri titoli di Stato sul mercato secondario, oltre che accettarli in garanzia. Sarebbe un modo per evitare che siano le nostre banche a imbottirsi di buoni del tesoro, in quello che rischia di diventare un abbraccio mortale: oggi i nostri istituti di credito soffrono, in attesa della divulgazione dei risultati degli stress test, soprattutto perché imbottite di Btp. E offrirebbe alla Bce, una volta superata la crisi, plusvalenze utili a compensare le perdite patrimoniali subite negli interventi a favore della Grecia.
Rimane, comunque, il problema politico di un governo che non c’è e di un’opposizione che comincia solo ora a dare qualche segnale di responsabilità. Non è la mia materia, ma il momento è talmente grave da spingermi in territori inesplorati. Ci vuole al più presto una manovra potenziata, con riduzione del disavanzo già nel 2011 e 2012 ad esempio come proposto sopra, e il voto del Parlamento che le dia forza di legge. Se fosse l’ultimo atto di questo Governo, troverebbe più facilmente il sostegno dell’opposizione e, quel che più conta in questo momento, l’approvazione dei mercati. Perché l’impressione è che oggi solo un Governo del Presidente sarebbe in grado di salvare il nostro Paese dalla crisi di credibilità. Il presidente Napolitano è l’unica persona che oggi ha l’autorevolezza sul piano internazionale e la popolarità sul piano interno necessarie per portarci fuori dalla tempesta.
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