Articolo di Dario Di Vico pubblicato sul Corriere della Sera il 7 agosto 2012
«Capiterà sempre più spesso che in alcune aree di intervento il pubblico sia costretto a ritirarsi e che questa ritirata coincida con la scomparsa del servizio. A quel punto interviene la cooperazione, non certo per fini politici ma per garantire innanzitutto la tenuta sociale». Paolo Cattabiani è il presidente di Legacoop Emilia Romagna e come ha anticipato all' Unità sta studiando attivamente nuove forme di impegno delle cooperative. Due, in particolare, sono i progetti ai quali Legacoop sta dedicando grande attenzione: a) «una grande mutua dei cittadini» integrativa del Servizio sanitario nazionale e capace di offrire prodotti a prezzi calmierati; b) cooperative di utenti che rilevino il servizio nei paesi di montagna dove le Poste chiudono. Spiega Cattabiani: «Noi ci siamo sempre posti l'obiettivo di organizzare l'offerta, ora pensiamo che siamo giunto il tempo di occuparci anche della domanda sociale e la crisi dello Stato ci spinge a farlo con una certa velocità».
Cominciamo dalla mutua che è sicuramente il progetto che farà più discutere. Le riflessioni delle Coop sono nel solco di quello che viene chiamato il «secondo welfare», in sostanza di fronte alla crisi dello Stato sociale i corpi intermedi si organizzano e mettono in campo soluzioni capaci di surrogare/integrare l'intervento pubblico. Cattabiani pensa a una mutua alla quale possano aderire tutti i cittadini (e non solo i soci Coop) pagando l'iscrizione a un prezzo piuttosto favorevole e dunque alla portata di un pensionato e di un precario (si può ipotizzare qualche decina di euro). La mutua successivamente offre una serie di prodotti sanitari specialistici - e quindi non in concorrenza con il Ssn - a prezzi competitivi e potrà farlo grazie a economie di scala. Insomma, più cittadini aderiranno alla nuova mutua più i servizi potranno essere a buon mercato. Il potenziale in casa Coop c'è: anche solo sperimentalmente si può partire dallo zoccolo rappresentato dai 2,5 milioni di iscritti emiliano-romagnoli (in Italia complessivamente sono 7 milioni), ci si può appoggiare ai punti vendita della grande distribuzione di Coop Italia e infine si può fare affidamento sul know how messo a punto da Unisalute, una società dell'Unipol che già fornisce pacchetti di welfare aziendale sul mercato (un cliente è la multinazionale Luxottica ). Aggiunge Cattabiani: «Nei discorsi che andiamo facendo c'è l'idea di partire dalla nostra filiera e dalla mia regione, poi se saremo bravi potremo espandere il tutto sul territorio nazionale». Tra i servizi che sicuramente saranno presi in esame spiccano le cure e la prevenzione odontoiatrica, ma non solo.
Le Coop in Emilia e Romagna hanno già sette piccole mutue che a breve dovrebbero esser razionalizzate per costituire il primo gradino della nuova iniziativa. Il progetto delle «grande mutua» ha un orizzonte temporale tra i 2 e i 4 anni ma i primi passi vanno fatti subito. L'intento è anche quello di offrire qualità, «non pensiamo certo di organizzare un ghetto sanitario, i prezzi saranno bassi per la forza dell'organizzazione industriale e non perché saranno mediocri». Accanto a prodotti più standardizzati ci saranno anche soluzioni più personalizzate e ovviamente l'utente pagherà in ragione dei servizi di cui usufruirà effettivamente. Dal punto di vista del conto economico Cattabiani pensa che una mutua possa chiudere in pareggio anche con soli 40 mila utenti, di conseguenza con i numeri che può garantire il sistema Coop non ci dovrebbero essere problemi di sorta. «D'altro canto chi meglio di noi, con la nostra cultura solidaristica e mutualistica, può caricarsi il compito di surrogare lo Stato in bolletta?».
Per quanto riguarda il servizio postale si pensa, invece, a creare nei paesi tagliati dalla riorganizzazione del servizio alcune cooperative di comunità, che evidentemente non sono orientate al profitto ma con una buona dose di lavoro volontario suppliscono alla ritirata dello Stato. In questo caso sarà necessario stipulare una convenzione con le Poste e poi la distribuzione verrebbe curata a livello locale. Le idee ci sono e non resta che metterle in pratica, sostiene Cattabiani.
Per quanto riguarda il servizio postale si pensa, invece, a creare nei paesi tagliati dalla riorganizzazione del servizio alcune cooperative di comunità, che evidentemente non sono orientate al profitto ma con una buona dose di lavoro volontario suppliscono alla ritirata dello Stato. In questo caso sarà necessario stipulare una convenzione con le Poste e poi la distribuzione verrebbe curata a livello locale. Le idee ci sono e non resta che metterle in pratica, sostiene Cattabiani.
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