Finalmente da Confindustria nella persona del Presidente, Emma Marcegaglia, arriva un messaggio chiaro sull’economia dell’Italia e sul Governo: “La capacita di crescita dell’economia resta bassa, l’esecutivo deve concentrarsi su economia, crescita e occupazione”.
Emma Marcegaglia continua affermando che occorrono riforme strutturali per accelerare la crescita economica dell’Italia.
Il rapporto del Centro Studi di Confindustria evidenzia i seguenti dati reali e presunti della performance italiana:
- Pil 2010: 1,2%;
- Pil 2011: 1,3%;
- Posti di lavoro persi 450.000;
- Tasso di disoccupazione a fine 2011 9,3%
- Consumi fermi +0,4% nel 2010 e +0,7% nel 2011;
- Sommerso che rappresenta il 20% del Pil;
- Evasione fiscale che supera i 125 miliardi.
Inoltre, occorre considerare che:
- Il fatturato e gli ordinativi dell’industria italiana sono scesi nel mese di luglio: fatturato –2,9%, ordinativi -3%. Il confronto con il mese di luglio 2009 registra per il fatturato un aumento dell’8,9% e per gli ordinativi un aumento dello 0,7%;
- Il debito pubblico in Italia nel mese di luglio ha toccato il record di 1838,296 miliardi (17 miliardi in più rispetto a giugno) e le entrate tributarie sono calate del 3,4% rispetto allo stesso periodo del 2009 (dati della Banca d’Italia);
- Le prospettive occupazionali registrate da una inchiesta di Manpower posizionano l’Italia al penultimo posto con un -8%, avanti solo alla Grecia. In Europa si posiziona al primo post la Germania e nel mondo la Cina con un 51%;
- La produttività in Italia crolla di circa tre punti percentuali nel periodo tra il 2007 ed il 2009 (dati Istat);
- L’Ocse sottolinea che la disoccupazione giovanile in Italia è arrivata alla soglia del 25,4% (un giovane su 4 è disoccupato) con un aumento di 5 punti rispetto al 2007. Il 50% dei giovani che lavorano sono precari. Il tasso di disoccupazione è salito all’8,7% con un aumento rispetto al 2007 del 2,2%;
- Due milioni di giovani nullafacenti che non studiano e non lavorano senza una prospettiva certa del loro futuro;
- L'alto tasso di opacità (bassa trasparenza) e l'alto livello di corruzione in Italia non aiuta ad attrarre gli investimenti esteri ed aiutare la competitività del sistema Italia. Inoltre la riforma Brunetta della PA è passata in secondo piano e la spesa pubblica aumenta senza controllo.
Fin qui la fotografia della situazione economica dell’Italia. Le motivazioni che ci posizionano in una situazione difficile anche rispetto ad altri paesi che presentano un sistema bancario meno solido dell’Italia ed una incidenza della crisi finanziaria maggiore sono diversi.
- L'alto tasso di opacità (bassa trasparenza) e l'alto livello di corruzione in Italia non aiuta ad attrarre gli investimenti esteri ed aiutare la competitività del sistema Italia. Inoltre la riforma Brunetta della PA è passata in secondo piano e la spesa pubblica aumenta senza controllo.
Fin qui la fotografia della situazione economica dell’Italia. Le motivazioni che ci posizionano in una situazione difficile anche rispetto ad altri paesi che presentano un sistema bancario meno solido dell’Italia ed una incidenza della crisi finanziaria maggiore sono diversi.
A differenza della Germania e della Francia, che hanno approvato una manovra molto ampia di risanamento dei conti pubblici e sostegno alla crescita, l’Italia è intervenuta soltanto per porre sotto controllo il debito pubblico senza interventi e riforme strutturali finalizzate a sostenere la crescita economica e a razionalizzare la spesa pubblica.
La manovra economica dell’Italia si è caratterizzata per i tagli indiscriminati tout court che, per quanto tali, non hanno distinto gli sprechi dalle spese produttive in settori strategici come il sapere (conoscenza, ricerca, scuola e università).
Senza riforme strutturali la spesa pubblica non è sotto controllo ed ha ripreso a crescere.
Per un lungo periodo si è sottovalutata la crisi della nostra economia per giustificare le misure economiche intraprese dal Governo: l’emergenza è finita, siamo fuori dalla crisi, occorre ottimismo. Adesso in queste condizioni, rappresentate in modo chiaro dai dati economici, si rischia di invertire la tendenza della lenta e debole ripresa dell’economia italiana.
La crisi del governo di centro destra e la mancata nomina del ministro allo sviluppo economico lascia l’Italia, ormai da diversi mesi, senza una guida per affrontare il problema prioritario: la crescita economica.
La convinzione del Ministro Sacconi, a differenza di tanti studiosi ed economisti illustri, condivisa nel centro destra che nei periodi di crisi non si debbano varare riforme blocca il sistema Italia. Infatti molte delle riforme annunciate dal Governo sono ferme nelle commissioni del Senato e della Camera dei Deputati. Si ricorda ad esempio: il disegno di legge sulla corruzione, sulla partecipazione dei lavoratori e sugli ammortizzatori sociali e tanti altri.
Spesso i rappresentanti del Governo ed il Ministro dell’Economia in particolare dichiarano che la difficoltà è rappresentata dalla mancanza di risorse. Questa è una falsa giustificazione in quanto le risorse per investire e sostenere l’economia si possono trovare attraverso:
- La tassazione delle rendite finanziarie al 20% con esclusione dei titoli di stato;
- Il riequilibrio della tassazione tra i ceti più deboli ed le persone più ricche. Con tale misura si aumenta anche la domanda di consumo;
- La tassazione delle transazioni finanziarie, cosi come è stato proposto da Visco e Bersani, almeno a livello europeo.
- La lotta all’evasione fiscale, rendendo trasparenti tutti i redditi cosi come avviene per i lavoratori dipendenti ed introducendo quelle misure introdotte da Prodi e Visco e che irresponsabilmente l’attuale Governo le ha eliminate.
In questa situazione il paese soffre e soffrono soprattutto i ceti più deboli, i disoccupati, i lavoratori precari e coloro che rischiano di perdere il posto di lavoro.
Ritengo che nel caso in cui il Governo si affidasse soltanto alle “libere forze del mercato”, senza introdurre riforme strutturali e cambiamenti, per superare la crisi economica l’equilibrio del sistema produttivo post crisi sarà meno competitivo e con una base occupazionale inferiore al periodo pre-crisi. Inoltre, se la crescita dell'economia in Italia si manterrà a questo ritmo ci vorrà molto tempo per ritornare al livello del periodo pre-crisi.
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