La crisi economica e finanziaria globale non è superata e si ripresenta nella sua gravità. Il FMI propone il blocco della spesa pubblica ed un livello dell’indebitamento pubblico pari al 60% del Pil. Gli Stati nazionali, particolarmente, l’Italia, sono più impegnati a ridurre il debito pubblico anziché promuovere strumenti e condizioni di sviluppo dell’economia. Si rischia di far pagare il costo della crisi ai cittadini (stato sociale, aumento delle imposte, pensioni, sanità, livelli di occupazione).
Vincenzo Visco propone nuovi strumenti: - La tassazione delle transazioni finanziarie; - La creazione di un fondo globale o almeno europeo che gestisca il debito degli Stati e lo riconduca al periodo pre-crisi. Dagli Stati Uniti interviene Pierluigi Bersani che rilancia la proposta a livello internazionale.
Il problema da risolvere è quello di non far pagare la crisi ai cittadini che non hanno alcuna responsabilità e già pagano gli effetti della crisi.
Articolo di Vincenzo Visco pubblicato su Il Corriere della Sera del 13 luglio 2010
“Nel futuro prossimo, per tutti i Paesi si prospetta un difficile trade-off tra risanamento dei bilanci pubblici e recupero della crescita economica. Secondo il Fmi l' obiettivo delle politiche economiche dei governi per i prossimi anni dovrebbe essere quello di riportare al più presto il livello del debito pubblico al 60% del Pil. Date le dinamiche già verificatesi e quelle previste, ciò comporta una correzione media dei bilanci pubblici di poco meno di 9 punti di Pil per raggiungere l' obiettivo nel 2030. A ciò si deve aggiungere un ulteriore aggiustamento di 4 o 5 punti necessario in molti Paesi per fronteggiare la crescita della spesa per pensioni e sanità. Come realizzare questi obiettivi? Il fondo propone il blocco per 10 anni della spesa pubblica pro capite in termini reali; riforme previdenziali e della sanità per ridurne i costi (aumento dell' età pensionabile, e della compartecipazione alla spesa sanitaria dei privati), e un robusto aumento delle imposte, dall' Iva (aumentando le aliquote ridotte, o introducendola là dove non esiste), alle accise, all' imposizione patrimoniale (immobili), all'introduzione di imposte ecologiche, oltre a misure di contrasto all'evasione, per un ammontare medio complessivo che potrebbe raggiungere il limite massimo di oltre 5 punti di Pil. Non è sorprendente che queste prospettive terrorizzino i governi e i Parlamenti di tutto il mondo, e siano rifiutati dai cittadini di tutti i Paesi che non comprendono perché dovrebbero essere loro a farsi carico degli eccessi finanziari degli anni passati. Esistono strade alternative? Probabilmente sì, ma si tratta di soluzioni che dovrebbero essere assunte in modo concordato e coordinato: una crisi globale richiede inevitabilmente soluzioni globali. Il problema di fondo è quello di liberare i bilanci degli Stati dal peso contabile e finanziario dell' eccesso di debito che si è creato a causa della crisi riportando la finanza pubblica alle condizioni esistenti a fine 2007: si tratta finora di circa 20 punti di Pil per le economie avanzate. Una soluzione possibile sarebbe quella di conferire in un apposito fondo quote di debito sovrano dei diversi Paesi variabili in relazione all'impatto della crisi su ciascun Paese, scorporandole dai bilanci nazionali, e riconoscendo così la loro natura di debiti collettivi. Inizialmente l'attivo del Fondo sarebbe rappresentato da titoli di Stato di diversi Paesi e quindi beneficerebbe delle stesse garanzie implicite. Il Fondo tuttavia dovrebbe poi funzionare secondo regole di mercato, come un normale operatore. Tuttavia il pagamento degli interessi e il rimborso del debito sovrano che rappresenta l'attivo del fondo dovrebbe essere assicurato dall'introduzione, decisa collettivamente dagli Stati, di una imposta dedicata sulle transazioni finanziarie il cui gettito - com' è noto - sarebbe ampiamente sufficiente. Si darebbe così un senso preciso al dibattito confuso e non coordinato sulla opportunità di introdurre misure di tassazione di banche e banchieri: nell' ipotesi prevista, infatti, i mercati, gli operatori e gli investitori finanziari pagherebbero quanto necessario (e per il tempo necessario) a liberare i bilanci pubblici dalla zavorra della crisi, i cittadini da aumenti fiscali e tagli tanto pesanti quanto incomprensibili, e le economie dal pericolo di una prolungata stagnazione. A ciò si aggiungono gli evidenti vantaggi politici per i governi. L' imposta sulle transazioni, decisa a livello internazionale, potrebbe comportare una limitata cross-subsidiation tra i diversi Stati, dal momento che non esiste una corrispondenza esatta tra debiti conferiti nel fondo e ammontare delle transazioni sui mercati domestici. Ciò tuttavia non avrebbe effetti sostanzialmente diversi da quanto già implicito nei meccanismi di sostegno decisi recentemente nella Ue. I risultati che sarebbe lecito attendersi da un tale intervento sarebbero: a) di rassicurare i mercati circa la solvibilità dei debiti extra creatisi a causa della crisi nei diversi Paesi; b) di riportare i bilanci pubblici nella situazione pre-crisi, ciascuno con i suoi problemi, ma senza il sovraccarico degli effetti di una crisi devastante e non gestibile a livello nazionale; c) di garantire il rimborso e il servizio del debito. Gli aspetti più strettamente tecnici della proposta andrebbero approfonditi e concordati. Andrebbe per esempio evitato il rischio che il mercato possa spostarsi dai Paesi che applicano l' imposta a quelli che non la applicano, il che richiede una cooperazione internazionale; inoltre andrebbe previsto che tutte le transazioni (comprese quelle Otc) fossero liquidate nelle clearing houses, in modo da facilitare la riscossione delle imposte. Tutti comunque trarrebbero un beneficio dall'attuazione delle proposte: Stati, mercati, cittadini, sistemi economici, se la proposta non fosse praticabile a livello globale, potrebbe funzionare anche se limitata a livello di Ue. Un eventuale accordo dovrebbe comunque comportare anche un impegno dei Paesi partecipanti a uno stringente controllo della finanza pubblica nazionale, e a non aumentare il debito pubblico, anzi a ridurlo progressivamente se (come nel caso dell'Italia) esso fosse elevato”.
Vincenzo Visco
Si riportano le dichiarazioni di Pierluigi Bersani pubblicate su Il Sole 24 Ore del 15 luglio 2010
Una tassazione sulle transazioni finanziarie a livello internazionale: é la proposta che il Pd ha portato all'attenzione del Fmi. Il segretario Pier Luigi Bersani, in una conversazione con Radiocor, spiega che l'idea di un intervento sui profitti di banche e soggetti finanziari a livello nazionale rischierebbe di ricadere sui consumatori, mentre una tassa sulle transazioni finanziarie «é un altro discorso».
La ricetta per evitare che il rientro degli Stati sovrani dal debito causato dalla crisi finanziaria a partire dal crack della Lehman Brothers «ricada sulle politiche sociali e per l'innovazione» é stata al centro dell'incontro a Washington col vicedirettore generale del Fmi e con il direttore esecutivo per l'Italia, John Lipsky e Arrigo Sadun.
La proposta avanzata dal Pd prevede la costituzione di un fondo ad hoc, una sorta di bad company, dove far confluire i debiti direttamente causati dagli interventi anticrisi. «Il Fondo monetario internazionale riconosce che la finanza deve dare un contributo, ma sui meccanismi é cominciata una discussione che non ha ancora portato ad una soluzione», sottolinea Bersani. «Loro propendono per una griglia di possibili interventi affidati alla dimensione nazionale; mentre la nostra proposta é su scala globale; almeno europea, ma anche maggiore. Secondo il Fmi, però, é difficile coinvolgere alcuni Paesi, come quelli emergenti».
Il dibattito, rileva ancora Bersani, riguarda anche la natura dei segnali di recupero dell'economia che si registrano in questo periodo e che per il Fmi mostrano «una ripresa seppur lenta» mentre «noi siamo più pessimisti e se si tratta di un rimbalzo» ci sarà la necessità di «intervenire più drasticamente per la riduzione dei debiti e per consentire politiche maggiormente espansive».
Bersani, che é accompagnato tra gli altri dal responsabile economia del partito, Stefano Fassina, ha avuto una serie di incontri a Washington in questi giorni e dice che «c'é interesse su cosa sta succedendo in Italia e sulla sua stabilità».
Articolo di Vincenzo Visco pubblicato su L'Unità del 24 luglio 2010
Articolo di Vincenzo Visco pubblicato su L'Unità del 24 luglio 2010
2 commenti:
Trovo che Visco sia l’unico che ha proposto una scelta di coraggio. Tradurre il debito pubblico in qualcosa di tangibile e tassare le transazioni finanziarie va a pesare, a mio parere, su chi ha le spalle per sostenerla. Ridurre gli sprechi delle amministrazioni in ambito nazionale e contenerne i costi è senza dubbio il primo passo.
Però mi fa pensare il fatto che sia lo stesso Tremonti a recuperare parte dei progetti di Visco sul disegno di una struttura tributaria sostenibile.
Sono costretti a recuparare soltanto qualcosa di Visco relativa alla lotta all'evasione dopo che inizialmente il Governo Berlusconi ha eliminato tali provvedimenti.
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