Intervista a Paola De
Micheli, vicepresidente vicario del Gruppo Pd alla Camera, pubblicata su
Sistemi e Impresa n. 5 – luglio/agosto 2013
L’Italia vive una crisi molto grave e
complessa senza precedenti e la luce in fondo al tunnel della crisi non si
intravede. Vuole raccontare le difficoltà che incontrano le imprese nel
contesto competitivo nazionale e globale?
Siamo
tutti consapevoli del fatto che l’Italia attraversa la crisi economica più
profonda dalla fine della seconda guerra mondiale. I numeri sono impietosi nel
2012: il Pil è caduto del 6,9 per cento rispetto al 2007, mentre il reddito
disponibile delle famiglie del 9,5. Le ragioni di questo crollo sono
soprattutto legate alla domanda interna, che riflette la contrazione della
spesa delle famiglie e delle imprese. A questo si aggiungono le
pessime condizioni nell’offerta di credito, sempre più restrittiva e ciecamente
selettiva. La profonda recessione che coinvolge l’Italia riflette fattori
esterni (quali le tensioni finanziarie sui mercati internazionali), l’azione
sui conti pubblici e le debolezze strutturali del nostro sistema economico.
Questi numeri drammatici rendono chiaro, quindi, come al grande sforzo di
risanamento sin qui fatto debba ora necessariamente accompagnarsi
l’improcrastinabile rilancio dello sviluppo del Paese. Senza una nuova stagione
di sviluppo anche il faticoso risanamento rischierà di essere vanificato. Per
le imprese così è una fatica avere ordini, una scalata essere pagati. Un
miraggio ottenere credito per qualunque ragione. Solo lo sviluppo può
rispondere al drammatico rischio di desertificazione industriale che attanaglia
il nostro Paese.
Quali interventi urgenti occorre prendere
per sostenere la imprenditorialità nazionale e avviare la fase della crescita?
La
questione fondamentale è il lavoro. Bisogna innanzitutto ridurre le tasse sul
lavoro, in particolare su quello stabile e quello per i giovani neoassunti per
togliere in questo modo dalla precarietà e dare certezza soprattutto alle nuove
generazioni. Un importante passo è stato già compiuto fin qui dal governo Letta
con il rifinanziamento di un miliardo della cassa integrazione in deroga per il
2013.
Occorre, poi, in tempi rapidi predisporre una nuova politica fiscale per la casa, che limiti gli effetti recessivi in un settore strategico come quello dell’edilizia privata. La scelta del governo di prorogare gli incentivi per le ristrutturazioni e di innalzare al 65% i contributi per l’efficientamento energetico è un altro importante tassello per sostenere le politiche di sviluppo e di rilancio dell’economia. Si tratta, infatti, di un meccanismo automatico, rapido ed efficace per valorizzare investimenti e innovazione. Molto importanti sono anche gli incentivi per l’arredamento che concretizzano l’impegno preso dal Pd a sostegno degli imprenditori del made in Italy.
Tra gli interventi più urgenti è indispensabile, inoltre, proseguire col pagamento dello stock debito delle p.a.; rinunciare con ogni sforzo all’inasprimento dell’Iva, che deprimerebbe ancora di più i consumi; aumentare le dotazioni del Fondo centrale di garanzie per le piccole e medie imprese e del Fondo di solidarietà per i mutui. E continuare con più decisione nell’ammodernamento del sistema energetico con liberalizzazioni e investimenti, per recuperare un incredibile gap di costi accumulati negli ultimi 20 anni.
Gli imprenditori italiani sono poco propensi ad investire in particolar modo in innovazione e ricerca e, quindi, occorrono investimenti esteri per aumentare la ricchezza nazionale. Quali condizioni occorre realizzare per attrarre gli investimenti delle imprese straniere in Italia?
Il primo passo è, a nostro avviso, chiedere all’Europa di fare di più perla crescita. Dobbiamo
chiedere che si dia seguito al Growth Compact e non solo al Fiscal Compact, che
l’Europa faccia di più per promuovere gli investimenti, attuando finalmente la
golden rule. Quindi politiche industriali di filiera, rilancio, attraverso
meccanismi di esclusione dal patto di stabilità, di alcune indispensabili
investimenti pubblici, senza compromettere il processo di risanamento della
finanza pubblica. Per essere competitivi e riuscire ad attrarre gli
investimenti stranieri è fondamentale mettere in atto una strategia complessiva
che comprenda: la semplificazione della macchina della Stato, per renderla più
agile ed efficiente, una riforma della giustizia civile, leggi più stringenti
contro la corruzione che falsa le normali regole del mercato, una lotta senza quartiere
contro la criminalità organizzata, una rete di infrastrutture più moderna e
adeguata e soprattutto la diminuzione del costo del lavoro.
Occorre, poi, in tempi rapidi predisporre una nuova politica fiscale per la casa, che limiti gli effetti recessivi in un settore strategico come quello dell’edilizia privata. La scelta del governo di prorogare gli incentivi per le ristrutturazioni e di innalzare al 65% i contributi per l’efficientamento energetico è un altro importante tassello per sostenere le politiche di sviluppo e di rilancio dell’economia. Si tratta, infatti, di un meccanismo automatico, rapido ed efficace per valorizzare investimenti e innovazione. Molto importanti sono anche gli incentivi per l’arredamento che concretizzano l’impegno preso dal Pd a sostegno degli imprenditori del made in Italy.
Tra gli interventi più urgenti è indispensabile, inoltre, proseguire col pagamento dello stock debito delle p.a.; rinunciare con ogni sforzo all’inasprimento dell’Iva, che deprimerebbe ancora di più i consumi; aumentare le dotazioni del Fondo centrale di garanzie per le piccole e medie imprese e del Fondo di solidarietà per i mutui. E continuare con più decisione nell’ammodernamento del sistema energetico con liberalizzazioni e investimenti, per recuperare un incredibile gap di costi accumulati negli ultimi 20 anni.
Gli imprenditori italiani sono poco propensi ad investire in particolar modo in innovazione e ricerca e, quindi, occorrono investimenti esteri per aumentare la ricchezza nazionale. Quali condizioni occorre realizzare per attrarre gli investimenti delle imprese straniere in Italia?
Il primo passo è, a nostro avviso, chiedere all’Europa di fare di più per
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