Pubblicato su La Repubblica
Una grande
occasione si apre, con la vostra vittoria alle elezioni, di cambiare dalle
fondamenta il sistema politico in Italia e anche in Europa. Ma si apre ora, qui
e subito. E si apre in questa democrazia, dove è sperabile che nessuna
formazione raggiunga, da sola, il 100 per cento dei voti. Nessuno di noi può
avere la certezza che l’occasione si ripresenti nel futuro. Non potete
aspettare di divenire ancora più forti (magari un partito-movimento unico)
di quel che già siete, perché gli italiani che vi hanno votato vi hanno anche
chiamato: esigono alcuni risultati molto concreti, nell’immediato, che
concernano lo Stato di diritto e l’economia e l’Europa. Sappiamo che è
difficile dare la fiducia a candidati premier e a governi che includono partiti
che da quasi vent’anni hanno detto parole che non hanno mantenuto, consentito a
politiche che non hanno restaurato ma disfatto la democrazia, accettato
un’Europa interamente concentrata su un’austerità che – lo ricorda il Nobel
Joseph Stiglitz – di fatto «è stata una strategia anti-crescita», distruttiva
dell’Unione e dell’ideale che la fonda.
Ma dire no a un
governo che facesse propri alcuni punti fondamentali della vostra battaglia
sarebbe a nostro avviso una forma di suicidio: gli orizzonti che avete aperto
si chiuderebbero, non sappiamo per quanto tempo. Le speranze pure. Non
otterremmo quelle misure di estrema urgenza che solo con una maggioranza che vi
includa diventano possibili. Tra queste: una legge sul conflitto di interesse
che impedisca a presenti e futuri padroni della televisione, della stampa o
delle banche di entrare in politica; una legge elettorale maggioritaria con
doppio turno alla francese; il dimezzamento dei parlamentari il più presto
possibile e dei loro compensi subito; una Camera delle autonomie al posto del
Senato, composta di rappresentanti delle regioni e dei comuni; la riduzione al
minimo dei rimborsi statali ai partiti; una legge anti-corruzione e
anti-evasione che riformi in senso restrittivo, anche aumentando le pene, la
disciplina delle prescrizioni, bloccandole ad esempio al rinvio a giudizio;
nuovi reati come autoriciclaggio, collusione mafiosa, e ripristino del falso in
bilancio; ineleggibilità per condannati fin dal primo grado, che colpisca
corruttori e corrotti e vieti loro l’ingresso in politica; un’operazione
pulizia nelle regioni dove impera la mafia (Lombardia compresa); una confisca
dei beni di provenienza non chiara; una tutela rigorosa del paesaggio e limiti
netti alla cementificazione; un’abolizione delle province non parziale ma
totale; diritti civili non negoziati con la Chiesa; riconsiderazione radicale
dei costi e benefici delle opere pubbliche più contestate come la Tav. E vista l’emergenza
povertà e la fuga dei cervelli: più fondi a scuola pubblica e a ricerca,
reddito di cittadinanza, Non per ultimo: un bilancio europeo per la crescita e
per gli investimenti su territorio, energia, ricerca, gestito da un governo
europeo sotto il controllo del Parlamento europeo (non il bilancio
ignominiosamente decurtato dagli avvocati dell’austerità nel vertice europeo
del 7-8 febbraio).
Non sappiamo
quale possa essere la via che vi permetta di dire sì a questi punti di
programma consentendo la formazione del nuovo governo che decida di attuarli, e
al tempo stesso di non contraddire la vostra vocazione. Nella giunta
parlamentare si può fin da subito dar seguito alla richiesta di ineleggibilità
di Berlusconi, firmata da ormai 150.000 persone : la fiducia può essere
condizionata alla volontà effettiva di darvi seguito. Quel che sappiamo, è che
per la prima volta nei paesi industrializzati e in Europa, un movimento di
indignati entra in Parlamento, che un’Azione Popolare diventa
possibile. Oggi ha inizio una vostra marcia attraverso le istituzioni,
che cambieranno solo se voi non fuggirete in attesa di giorni migliori, o
peggiori. Se ci aiuterete a liberarci ora, subito, dell’era Berlusconi: un
imprenditore che secondo la legge non avrebbe nemmeno dovuto metter piedi in
Parlamento e tanto meno a Palazzo Chigi.
Avete detto: «Lo
Stato siamo noi». Avete svegliato in Italia una cittadinanza che vuole essere
attiva e contare, non più delegando ai partiti tradizionali le proprie aspirazioni.
Vale per voi, per noi tutti, la parola con cui questa cittadinanza attiva si è
alzata e ha cominciato a camminare, nell’era Berlusconi: «Se non ora, quando?»
Remo Bodei
Roberta De Monticelli
Tomaso Montanari
Antonio Padoa-Schioppa
Salvatore Settis
Barbara Spinelli
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