Articolo di Franco Bonfante pubblicato su http://www.francobonfante.it/
I leaders veri si giudicano dai fatti, dalle loro idee, dalla coerenza nel portarle avanti, dal coraggio di fare delle scelte che all’inizio possono apparire velleitarie, ma che con il tempo si dimostrano lungimiranti.
Renzi e Bersani sono due leader veri: il primo ha avuto l’intuizione di dire certe cose sul rinnovamento (con lo sgradevole, ma efficace termine di “rottamazione”) quando poteva essere per lui molto rischioso politicamente: ha avuto coraggio, ha insistito, ha recuperato una linea che si potrebbe definire, con qualche semplificazione, liberaldemocratica: non è la giovane età, la pronta battuta toscana o la buona, anche se un po’ retorica oratoria, a farne un leader: è la sua capacità di entrare in sintonia con un sentimento comune in una larga fascia di opinione pubblica che chiedeva il rinnovamento e questo ben prima del crollo del governo Berlusconi, dei casi Lazio e Lombardia, dello spread sopra i 500 punti.
Si può dire che oggi Renzi ha già vinto la sua battaglia: in soli due anni ha spazzato via (in senso politico) i capi dell’ala “liberal” del PD, divenendone lui il capo incontrastato, si è creato una fortissima rete nazionale, ha costretto all’uscita di scena o comunque alla ritirata personalità di rilievo, ha posto il rinnovamento come tema centrale della politica nazionale, ha ravvivato le primarie, rendendole vere e credibili, ha portato il PD all’attenzione anche di elettori che ne erano pregiudizialmente lontani o disinteressati.
I punti deboli di Renzi sono un’eccessiva inclinazione a ricette neoliberiste, che invece sono la prima causa della crisi internazionale che stiamo attraversando ed una mai chiarita fino in fondo politica delle alleanze, pur necessarie se si vuole governare l’Italia.
Bersani: da tutti considerato bravo, onesto, corretto, viene a volte erroneamente sottovalutato dai suoi critici.. Anche qui occorre guardare ai fatti: ha preso per mano il PD, nel suo momento più difficile, nel 2009, quando la popolarità di Berlusconi e del suo governo erano ai massimi storici, e lo ha tenuto unito (cosa non del tutto scontata, poichè la gran parte dei commentatori davano finito il nostro partito), incominciando inoltre a tessere i rapporti sia a sinistra, con SEL e IDV, sia con il mondo moderato rappresentato sopratutto dall’UDC. Ha seguito questa linea con determinazione e coerenza ed oggi vediamo che l’accordo fra progressisti e moderati è l’unica strada seriamente praticabile per governare l’Italia nei prossimi 5 anni. Ha avuto il coraggio di appoggiare il governo Monti, quando le elezioni anticipate avrebbero decretato una vittoria quasi certa: ma avremmo governato sulle macerie, non avremmo fatto il bene dell’Italia e nemmeno del PD, poichè oggi ci troveremmo nelle condizioni dei socialisti greci (travolti dalla crisi creata per colpa principale della Destra) o del centrosinistra argentino (andato al potere dopo i disastri economici dei peronisti, ma anch’esso travolto poi dall’impossibilità di risolvere la crisi in tempi brevi, tanto che dopo un anno i peronisti sono tornati al potere).
Ha avuto il coraggio di abbandonare Di Pietro al suo destino di inaffidabilità, stringendo invece l’accordo con SEL di Vendola ( e all’epoca non si sapeva che Vendola sarebbe stato assolto e Di Pietro sarebbe affogato nell’inchiesta di Report). Ha avuto il coraggio di appoggiare Monti, certo, ma anche di contrastarne alcune scelte con forza, facendo modificare le norme sul lavoro, quelle sugli esodati, sulla scuola, sulla tassazione.
Ha avuto il coraggio di fare le primarie con più candidati del PD, modificando lo Statuto affinché anche Renzi potesse parteciparvi, ancora una volta dimostrando nei fatti quello che ama ripetere spesso: prima arriva l’Italia, poi il partito, poi le ambizioni personali. Lì c’è tutto: il senso della misura, la sua storia, l’integrità morale e politica.
Ora si guardi all’essenziale: Bersani deve avere il maggior numero di voti possibile per presentarsi con credibilità a candidato primo ministro e far vincere il PD.
Il mio commento:
Condivido pienamente le riflessioni fatte da Franco. Ho qualche perplessità nel definire neoliberiste politiche che sono state adottate con successo nei paesi del Nord Europa (per esempio la riforma del lavoro). Spesso la sinistra ha adottato nel passato strumenti che non risolvono i problemi e non creano uguaglianza. E’ vero anche che le politiche neoliberiste quelle vere associate ad una gestione disinvolta della finanza ci hanno portato alla crisi internazionale. Le cause della crisi finanziaria non si sono verificate in Italia anche se hanno inciso in modo enorme in quanto il nostro paese, senza riforme ed adeguamento ai cambiamenti planetari, non ha saputo reagire. Credo che Bersani avvierà un profondo rinnovamento nella compagine governativa. Sostengo Bersani e condivido quanto da lui dichiarato che le prime cose da affrontare sono il lavoro e la moralità.
Bersani: da tutti considerato bravo, onesto, corretto, viene a volte erroneamente sottovalutato dai suoi critici.. Anche qui occorre guardare ai fatti: ha preso per mano il PD, nel suo momento più difficile, nel 2009, quando la popolarità di Berlusconi e del suo governo erano ai massimi storici, e lo ha tenuto unito (cosa non del tutto scontata, poichè la gran parte dei commentatori davano finito il nostro partito), incominciando inoltre a tessere i rapporti sia a sinistra, con SEL e IDV, sia con il mondo moderato rappresentato sopratutto dall’UDC. Ha seguito questa linea con determinazione e coerenza ed oggi vediamo che l’accordo fra progressisti e moderati è l’unica strada seriamente praticabile per governare l’Italia nei prossimi 5 anni. Ha avuto il coraggio di appoggiare il governo Monti, quando le elezioni anticipate avrebbero decretato una vittoria quasi certa: ma avremmo governato sulle macerie, non avremmo fatto il bene dell’Italia e nemmeno del PD, poichè oggi ci troveremmo nelle condizioni dei socialisti greci (travolti dalla crisi creata per colpa principale della Destra) o del centrosinistra argentino (andato al potere dopo i disastri economici dei peronisti, ma anch’esso travolto poi dall’impossibilità di risolvere la crisi in tempi brevi, tanto che dopo un anno i peronisti sono tornati al potere).
Ha avuto il coraggio di abbandonare Di Pietro al suo destino di inaffidabilità, stringendo invece l’accordo con SEL di Vendola ( e all’epoca non si sapeva che Vendola sarebbe stato assolto e Di Pietro sarebbe affogato nell’inchiesta di Report). Ha avuto il coraggio di appoggiare Monti, certo, ma anche di contrastarne alcune scelte con forza, facendo modificare le norme sul lavoro, quelle sugli esodati, sulla scuola, sulla tassazione.
Ha avuto il coraggio di fare le primarie con più candidati del PD, modificando lo Statuto affinché anche Renzi potesse parteciparvi, ancora una volta dimostrando nei fatti quello che ama ripetere spesso: prima arriva l’Italia, poi il partito, poi le ambizioni personali. Lì c’è tutto: il senso della misura, la sua storia, l’integrità morale e politica.
Ora si guardi all’essenziale: Bersani deve avere il maggior numero di voti possibile per presentarsi con credibilità a candidato primo ministro e far vincere il PD.
Il mio commento:
Condivido pienamente le riflessioni fatte da Franco. Ho qualche perplessità nel definire neoliberiste politiche che sono state adottate con successo nei paesi del Nord Europa (per esempio la riforma del lavoro). Spesso la sinistra ha adottato nel passato strumenti che non risolvono i problemi e non creano uguaglianza. E’ vero anche che le politiche neoliberiste quelle vere associate ad una gestione disinvolta della finanza ci hanno portato alla crisi internazionale. Le cause della crisi finanziaria non si sono verificate in Italia anche se hanno inciso in modo enorme in quanto il nostro paese, senza riforme ed adeguamento ai cambiamenti planetari, non ha saputo reagire. Credo che Bersani avvierà un profondo rinnovamento nella compagine governativa. Sostengo Bersani e condivido quanto da lui dichiarato che le prime cose da affrontare sono il lavoro e la moralità.
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