E la Civit va. Alla faccia dello spread e del tasso di corruttibilità ormai postribolare, l'altisonante Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche prosegue senza indugio la sua fondamentale missione: rendere limpida ed efficiente la macchina statale. Come? Dotandosi innanzitutto di un gran bel gruppo di lavoro. L'ente, istituito nel 2010 per volere del ministro Renato Brunetta, ha appena provveduto a sostituire due membri dimissionari. E non è stato facile, perché sulle nomine s'era scatenata una guerra tra giganti: da un lato Brunetta, strenuo difensore di ciò che resta della sua riforma, dall'altro il ministro per l'Attuazione del programma, Gianfranco Rotondi, padre di una similare commissione (Comitato tecnico scientifico per il coordinamento in materia di valutazione e controllo strategico delle amministrazioni dello Stato, presieduto da Paolo Cirino Pomicino). In sintesi, ecco l'accusa di Rotondi: basta con la Civit, baraccone da 8 milioni di euro l'anno, il mio comitato ne costa solo 60 mila.
MA ALLA FINE l'istituzione ha prevalso, e, nonostante il parere negativo di Rotondi, due nuove commissari sono stati nominati dopo attento bilanciamento politico, visto che la Civit - nella sua rivoluzionaria purezza - deve ben esprimere l'arco parlamentare. Al posto della professoressa Luisa Torchia arriverà dunque la collega Romilda Rizzo, mentre il rumoroso addio del giovane Pietro Micheli ha fatto da premessa all'ingresso in quota Pd di Alessandro Natalini. Micheli, docente italiano in trasferta in Gran Bretagna e membro dell'omologo ente di controllo britannico, se n'è andato sbattendo la porta: "Tale decisione è dovuta alla valutazione dell'impossibilità, da parte della commissione, di perseguire in maniera soddisfacente gli obiettivi per i quali è stata istituita", scrisse a gennaio. Un mezzo terremoto, uno spauracchio per tutti quelli che, grazie alla Civit, hanno almeno uno stipendio: 14 impiegati, 4 esperti (da 50 mila euro a testa), 2 consulenti tecnici ormai in
scadenza (Fiorella Kostoris, 80 mila euro, e Germana Panzironi, 55 mila euro), un segretario (da 144 mila euro l'anno), 3 revisori dei conti (30 mila euro in tutto), 3 commissari (150 mila euro ciascuno) oltre al presidentissimo (da 180 mila euro) Antonio Martone. Proprio lui, l'ex magistrato di gran carriera - Cassazione inclusa - che l'anno scorso finì nelle indagini sulla P3 per aver partecipato al famoso pranzo in cui Denis Verdini, Flavio Carboni e Marcello Dell'Utri si confrontavano sul Lodo Alfano e altre beghe giuridiche di interesseberlusconiano. In molti chiesero le immediate dimissioni di Martone, lui s'era premurosamente autosospeso per rientrare nel ruolo presidenziale dopo aver raggiunto l'agognata meta pensionistica: fine dei problemi col Csm e questioni varie di opportunità.
IL MATCH Brunetta-Rotondi aveva nuovamente disturbato l'armonia dell'ente che, nel frattempo, ha elaborato importantissime strategie per combattere il malaffare. Basti leggere l'avviso online: "La Commissione ha intenzione di realizzare un progetto sperimentale e innovativo per l'individuazione di un modello standard di processo per il collegamento tra programmazione economico-finanziaria e misurazione della performance nonché l'individuazione di un glossario comune, avente a oggetto la 'Riconciliazione tra ciclo della performance e ciclo di bilancio, per un coordinamento dei sistemi di misurazione e valutazione'. II presente avviso non impegna in alcun modo l'amministrazione alla realizzazione del progetto". Ci mancherebbe. Ma c'è chi borbotta, nei corridoi brunettiani: sarà così che combattiamo i casi di cronaca più recenti, da Milanese a Tarantini? Domanda stupidina solo a leggere come finiva la lettera di dimissioni del giovane Micheli: "Come può una commissione con 30 persone in organico, senza poteri ispettivi o sanzionatori, spingere a migliorare non solo chi è già incline a farlo, ma anche chi non ne ha alcuna intenzione? Inoltre, se la riforma fosse davvero una priorità, come spiegarsi l'auto-esclusione (dal programma di controllo, ndr) sia della Presidenza del Consiglio che del ministero dell'Economia e delle Finanze?". Forse la Civit può lanciare un sondaggio.
scadenza (Fiorella Kostoris, 80 mila euro, e Germana Panzironi, 55 mila euro), un segretario (da 144 mila euro l'anno), 3 revisori dei conti (30 mila euro in tutto), 3 commissari (150 mila euro ciascuno) oltre al presidentissimo (da 180 mila euro) Antonio Martone. Proprio lui, l'ex magistrato di gran carriera - Cassazione inclusa - che l'anno scorso finì nelle indagini sulla P3 per aver partecipato al famoso pranzo in cui Denis Verdini, Flavio Carboni e Marcello Dell'Utri si confrontavano sul Lodo Alfano e altre beghe giuridiche di interesseberlusconiano. In molti chiesero le immediate dimissioni di Martone, lui s'era premurosamente autosospeso per rientrare nel ruolo presidenziale dopo aver raggiunto l'agognata meta pensionistica: fine dei problemi col Csm e questioni varie di opportunità.
IL MATCH Brunetta-Rotondi aveva nuovamente disturbato l'armonia dell'ente che, nel frattempo, ha elaborato importantissime strategie per combattere il malaffare. Basti leggere l'avviso online: "La Commissione ha intenzione di realizzare un progetto sperimentale e innovativo per l'individuazione di un modello standard di processo per il collegamento tra programmazione economico-finanziaria e misurazione della performance nonché l'individuazione di un glossario comune, avente a oggetto la 'Riconciliazione tra ciclo della performance e ciclo di bilancio, per un coordinamento dei sistemi di misurazione e valutazione'. II presente avviso non impegna in alcun modo l'amministrazione alla realizzazione del progetto". Ci mancherebbe. Ma c'è chi borbotta, nei corridoi brunettiani: sarà così che combattiamo i casi di cronaca più recenti, da Milanese a Tarantini? Domanda stupidina solo a leggere come finiva la lettera di dimissioni del giovane Micheli: "Come può una commissione con 30 persone in organico, senza poteri ispettivi o sanzionatori, spingere a migliorare non solo chi è già incline a farlo, ma anche chi non ne ha alcuna intenzione? Inoltre, se la riforma fosse davvero una priorità, come spiegarsi l'auto-esclusione (dal programma di controllo, ndr) sia della Presidenza del Consiglio che del ministero dell'Economia e delle Finanze?". Forse la Civit può lanciare un sondaggio.
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