Era partito in modo folgorante, a inizio legislatura, con una fiducia crescente dell’opinione pubblica nei suoi annunci di cambiamento, amplificati e rilanciati dalle sue molte televisioni. Un consenso che faceva notizia per il suo crescere, e con il solo suo crescere dava motivo di fiducia agli incerti. Un crescere, dunque, molto simile al gonfiarsi delle “bolle” studiate dagli esperti di borsa e di finanza. Ma sotto quegli annunci di cambiamento c’era un’elaborazione politica scarsa e un difetto grave di senso dello Stato, di cultura delle regole. La fiducia politica duratura, invece, non può che fondarsi proprio su quella cultura: sull’attesa - condivisa da tutti - che tutti rispetteranno le regole. La buona politica non può prescinderne.
Cambiare una società complessa richiede anche molto studio, sperimentazione, idee affinate e temprate in anni e anni di dibattito, in sede teorica e nel vivo del Paese: tutte cose che il nostro premier e i suoi seguaci più fedeli non hanno mai né amato né praticato. Così, quando la bolla è scoppiata, tutti si sono accorti che sotto il fumo degli annunci c’era ben poco arrosto. Si sono accorti che in due anni di legislatura le sole due cose importanti fatte dal Governo - la legge-delega sul federalismo e la legge Brunetta sulle amministrazioni pubbliche - sono state d’un tratto azzerate, contraddette nel loro significato essenziale dall’ultima “manovra” di Tremonti. Nel campo specifico cui questo sito è dedicato, quello del lavoro, il bilancio del biennio è zero (v. sul punto il secondo editoriale di oggi). Sono rimasti i rottami di qualche legge ad personam, sulla quale il Parlamento è rimasto bloccato per mesi e mesi senza costrutto.
Ora lui ha fretta di porre fine a questa ingloriosa vicenda dando ad altri la colpa del nulla di fatto: “sono stato tradito, mi hanno impedito di lavorare!”. Ma - senza toglier nulla al merito e al coraggio di coloro che gli hanno rifiutato obbedienza all’interno della sua compagine politica - il fatto è che la crisi che oggi lo colpisce affonda le radici nel dna della sua stessa politica. E ora gli sarà molto più difficile far nascere un’altra bolla di consenso da quella stessa politica, con la tecnica dell’annuncio.
Ora il solo annuncio che viene diffusamente percepito è quello degli speculatori della finanza internazionale - i grandi creatori di “bolle”, al rialzo o al ribasso - pronti ad azzannare ai garretti un Paese sull’orlo del collasso per crisi improvvisa di fiducia in se stesso. Forse - ironia della sorte - sarà proprio quest’altro annuncio a imporre al grande annunciatore di passare la mano. Chi di annuncio ferisce, di annuncio perisce.
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