Intervista a Pietro Ichino a cura di Michele Cavallaro, in corso di pubblicazione su Vanity Fair, giugno 2010
La manovra? E’ necessaria, ma i sacrifici, distribuiti così, ricadranno su tutti in modo indiscriminato, e questa è un’ingiustizia». Pietro Ichino, professore di Diritto del lavoro e senatore del Partito Democratico, boccia come improvvisati e approssimativi gli interventi da 24 miliardi di euro decisi dal governo per ridurre il debito pubblico ed evitare il contagio greco, «perché, come diceva don Milani, non c’è nulla che sia ingiusto quanto far parti uguali fra diseguali.
Il congelamento degli stipendi degli statali è iniquo?
Nel settore pubblico c’è chi lavora molto e bene, in strutture sotto-organico, e chi lavora poco e male in strutture che hanno quattro volte il personale che dovrebbero avere: le sembra giusto che restino bloccati gli stipendi di tutti, indiscriminatamente?.
Sarebbe stato più giusto aumentare le tasse sui redditi elevati?
La distinzione da fare, in una manovra come questa, non è tra redditi alti e redditi bassi: i redditi alti sono già tassati in misura molto superiore a quelli bassi. La distinzione da fare è tra redditi guadagnati e rendite. Nel nostro Paese ce ne sono molte e molto diffuse; e anche nella fascia dei redditi bassi, come i falsi invalidi. E’ lì che è giusto tagliare.
I trasferimenti a Regioni, Province e Comuni verranno ridotti di 14 miliardi, e gli enti locali temono di non potere più garantire alcuni servizi.
«Sì, ma ci sono Regioni che ricevono dallo Stato il triplo o il quadruplo di altre in rapporto alla popolazione che sono responsabili di sprechi amministrativi colossali. Vogliamo confrontare la Sicilia con la Lombardia o il Piemonte? Il Lombardo-Veneto consuma metà del reddito che produce, la Calabria ne consuma il 113%; l’evasione fiscale in Lombardia è valutata al 12%, in Calabria all’85%. Eppure i tagli colpiscono in uguale misura gli uni e gli altri. Il governo ha rinunciato a colpire le rendite e gli sprechi, a tagliare i rami secchi. E tutto questo non ha niente a che fare con il federalismo fiscale.
Le misure adottate dagli altri governi europei per fronteggiare la crisi sono più eque?
Il problema non è soltanto di equità: questa crisi è il momento ideale per curare il “male oscuro” che impedisce di crescere alle economie della fascia mediterranea dell’area euro, per eliminare sprechi e inefficienze. Un problema che i Paesi del centro e del nord Europa non hanno: per questo la nostra manovra non è facilmente confrontabile con la loro.
Secondo l’Istat il 30% degli italiani tra 30 e 34 anni vive con i genitori.
Per aiutare i giovani occorrerebbe far funzionare meglio la scuola, l’università, i servizi di orientamento scolastico e professionale; non mi sembra che in questi settori i tagli “orizzontali”, indiscriminati, vadano nella direzione di un loro potenziamento. Una politica per i giovani implicherebbe il superamento dell’attuale regime di apartheid nel mercato del lavoro tra iper-protetti e poco o per nulla protetti, che si rendessero più “contendibili” i posti di lavoro con l’introduzione di un po’ di meritocrazia. Ma il governo teorizza che in tempo di crisi queste riforme non si possano fare….
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