sabato 20 agosto 2016

Diego Zardini, locale in una prospettiva nazionale

Articolo di Silvia Maria Dubois pubblicato sul Corriere di Verona il 20 agosto 2016
«Enunciare problemi senza agire a livello parlamentare equivale a perdere tempo. E anche qui accade che anche qualche deputato faccia delle proposte verbali fragorose, magari dopo votando no in Parlamento su proposte similari». A buon interditore poche parole. Sia chiaro: l’onorevole Pd Diego Zardini non fa nomi, ma in un primo bilancio del suo impegno romano per la risoluzione di alcuni problemi locali, lancia un messaggio ai colleghi che lavorano più sulle pagine dei giornali che in aula.
«La qualità e i contenuti delle proposte e la serietà dei rapporti parlamentari permettono di essere considerati classe politica nazionale» spiega Zardini, che aggiunge: «Rappresentare un territorio e porre il localismo in modo fuorviante non produce risultati perché si creano i rapporti di fiducia e stima che sono essenziali per essere ascoltati e creare la solidarietà necessaria per risolvere i problemi. Accade che qualche collega enunci delle proposte verbali in modo fragoroso, poi magari vota no a proposte similari in aula. Questi atteggiamenti sono improduttivi, generano populismo e false aspettative fra i cittadini. Al contrario, occorre dedicarsi ai problemi in modo serio e responsabile, senza steccati e strumentalizzazioni».
Fra le problematiche nazionali con echi locali, il deputato ha lavorato al riconoscimento dell’infortunio in itinere per chi si reca al lavoro in bici, al sostegno della ciclabile Verona-Bologna-Firenze, ma c’è stato anche l’emendamento approvato per ampliare la trasparenza sui siti della pubblica amministrazione. Fra i successi, l’impegno su un problema insoluto: l’inserimento dei disabili nel mondo del lavoro, in particolare nella pubblica amministrazione. E, naturalmente, le battaglie sulle emergenze locali: «Uno dei temi cruciali affrontati con la commissione Ambiente e la bicamerale sui rifiuti è stata l’annosa vicenda della discarica di Pescantina - spiega Zardini -, col sostegno all’amministrazione comunale per la soluzione meno impattante possibile: oggi si vede sulle barricate a protestare anche chi ha creato il problema. Altro tema, legato alla competenza della mia commissione, Infrastrutture e lavori pubblici, è quello della variante alla SS 12: io ho dato il mio contributo per sbloccare la progettazione preliminare invischiata nella burocrazia, in modo che i cittadini possano finalmente vedere realizzata questa opera strategica».
Infine, quella che per Zardini è diventata quasi una battaglia «di cuore»: la vicenda dei lavoratori della Serenissima, «ingiustamente licenziati ove neppure le sentenze dei tribunali stanno trovando attuazione. «A settembre si discuterà con il presidente della commissione Lavoro Cesare Damiano l’interrogazione che li riguarda». Sperando in una soluzione.

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venerdì 5 agosto 2016

La conoscenza alla Festa dell’Unità di Quinzano di Verona

Intervento sul tema “La società della conoscenza: scuola, impresa, formazione e crescita
L’impresa pre-industriale presentava le seguenti caratteristiche che non erano adeguate al governo del nuovo modello di impresa:
- Il responsabile si limitava a contrattare la produzione e non conosceva il processo produttivo;
- L’Alta direzione, come insieme di discipline finalizzate alla gestione dell’impresa industriale, non esisteva;
- Le funzioni della produzione ed i poteri nei confronti dei lavoratori (assunzioni, licenziamenti, addestramento, controlli disciplinari) venivano delegate ai capisquadra ed ai contrattisti che assumevano la manodopera necessaria;
- La manodopera assunta dai contrattisti non era qualificata e proveniva dalle attività preindustriali;
- Le attività che il proprietario svolgeva in passato nell’ambiente rurale e pre-industriale non erano funzionali alla produzione di carattere industriale;
- La strategia perseguita dal proprietario era quella della riduzione dei costi al fine di battere la concorrenza e non della qualità dei prodotti.
Fino a questo momento la conoscenza era considerata un bene privato e non pubblico e riguardava la persona: istruzione, modo di porsi e di esprimersi. Per Platone e Aristotele si tratta di non scienze ma di tecniche cioè saperi orientati ad un fine.
Il filosofo Francesco Bacone critica le teorie filosofiche astratte che non hanno un approccio concreto ed operativo e ribadisce che il sapere dovesse portare i suoi frutti nella pratica e che la scienza dovesse essere applicata all’industria.
Società industriale
Dal 1870 si andava delineando la grande impresa industriale caratterizzata dall’applicazione dell’energia e delle tecnologie ad alta intensità di capitale nei settori produttivi e dall’utilizzo dell’economia di scala. La classe dirigente, formatasi negli anni precedenti all’avvento della teoria tayloristica, non possedeva il patrimonio di conoscenze e di esperienze necessario ad affrontare la nuova organizzazione del processo produttivo e del lavoro.
Nel momento in cui le imprese iniziano ad assumere le caratteristiche tipiche dell’era industriale (investimenti in nuove tecnologie ad alta intensità di capitale, che consentono lo sfruttamento di economia di scala) e la produzione comincia a rappresentare il paradigma della produzione di massa cresce la necessità e l’urgenza di poter contare su un corpo di conoscenze manageriali per la gestione delle imprese industriali.
Lo storico Giuseppe Bonazzi afferma che “il motivo storico che spiega il sorgere di un movimento per la rivoluzione manageriale sta nella percezione di una non più tollerabile contraddizione tra le potenzialità produttive di una industria alle soglie della produzione di massa e i metodi ancora arcaici della sua conduzione.”
La nascita della consulenza di direzione coincide con quella della direzione d’impresa, quest’ultima intesa come area distinta di attività umana e come specifico campo di apprendimento, con la moderna fabbrica e con la rivoluzione industriale.
Il manager avverte la necessità di basare le proprie decisioni su un insieme di conoscenze formalizzate e specifiche, nonché immediatamente operative, non potendosi più affidare in via esclusiva all’intuito e all’esperienza nel governo dell’azienda, diventando così quest’ultima contesto per l’applicazione di metodologie e conoscenze caratteristiche.
Taylor è stato l’ideatore dello Scientific Management, elaborò nuovi modelli organizzativi ed una nuovo interpretazione dell’azienda.
Taylor durante la sua attività lavorativa, iniziata nell’autunno del 1878, presso importanti aziende industriali (Midvale,South Bethlehem, Manufacturing Investiment Company, Johnson Company), intervenne nel processo produttivo con alcune sue invenzioni come il taglio dei metalli, l’acciaio per utensili ad alta velocità; sperimentò l’organizzazione del lavoro operaio introducendo il salario differenziale e lo studio cronometrico dei tempi; organizzò la direzione dell’azienda ed i quadri intermedi con precise e chiare responsabilità nella produzione ed infine introdusse un sistema di controllo della produzione. Sulla base di analisi sistematiche, di sperimentazioni e di studi costruì la teoria dell’organizzazione scientifica del lavoro.
Secondo Bonazzi il Taylorismo mira con determinazione a tre obiettivi interconnessi:
- “Accentrare e razionalizzare le linee di autorità all’interno dell’impresa;
- Aumentare la produzione ed il rendimento di impianti e di uomini non solo attraverso la riorganizzazione, ma anche attraverso la trasparenza totale di costi, procedure, tempi e metodi di lavoro;
- Usare la scienza non solo come criterio di azione ma anche come base legittimante delle nuove proposte.”
La divisione del lavoro descritta per la prima volta da Adam Smith nel 1776 per un ambiente manifatturiero, utilizzando l’esempio della produzione degli spilli, divenne dopo quasi un secolo il principio fondamentale della teoria dell’Organizzazione scientifica del lavoro in un contesto di produzione industriale.
Per Taylor il lavoro poteva essere studiato, analizzato e diviso in una serie di elementari operazioni, ciascuna delle quali doveva essere eseguita da ogni lavoratore nel solo modo e tempo giusto e con i suoi strumenti giusti (one best way).
Per Drucker Taylor per primo applicò la conoscenza allo studio del lavoro, all’analisi ed alla tecnica del lavoro.
Società post-industriale
Molti sono gli studiosi di management e di organizzazione che scrivono di questo periodo storico, definendolo in modo diverso (società programmata, società post-industriale, l’era del discontinuo, capitale intellettuale, società dei servizi) e facendo tutti riferimento alla conoscenza ed al sapere.
Si rileva che:
- I colletti blu dell’industria manifatturiera incominciarono a diminuire nel numero, nel potere e nella condizione sociale rispetto ai colletti bianchi;
- La produttività in tutti i paesi sviluppati che applicarono la conoscenza al lavoro è aumentata in modo considerevole;
- Dalla produzione di beni, tipica della società industriale, si passa alla produzione dei servizi, tipica della società post-industriale.
La conoscenza prima della rivoluzione industriale era considerata come qualcosa di applicato all’essere. Con l’avvento della società industriale divenne come qualcosa di applicato al fare.
“Oggi la conoscenza è l’unica risorsa importante. I tradizionali fattori di produzione - terra, cioè le risorse naturali, manodopera e capitale - non sono scomparsi. Ma sono diventati secondari. Possono essere ottenuti, e facilmente, purché ci sia la conoscenza, che, nel suo nuovo significato, è conoscenza come utilità, conoscenza come mezzo per ottenere risultati sociali ed economici” afferma Peter Drucker, uno dei più importanti studiosi che per primo ha scritto della conoscenza e dei lavoratori della conoscenza.
In una società come quella odierna, in cui la conoscenza è diventata la risorsa differenziale per il raggiungimento ed il mantenimento del successo, il futuro appartiene a persone che sanno essere manager della conoscenza e che sanno allocare in modo produttivo questa risorsa: il “knowledge worker”, secondo Drucker, rappresenta l’unico e più grande asset.
L’economista Thurow afferma che “la conoscenza, che un tempo era al terzo posto, dopo le materie prime e il capitale, nella determinazione del successo economico, ora è al primo” ed evidenzia l’esempio di Microsoft che non possiede alcun valore se si esclude la conoscenza.
Tra i grandi fenomeni, che hanno contribuito a riconoscere il ruolo centrale della conoscenza, occorre necessariamente portare alla mente: la globalizzazione, che, abbattendo ogni confine, ha coadiuvato la realizzazione di un mercato di dimensione mondiale e qualitativamente superiore, grazie ad una maggiore facilità di circolazione delle informazioni; la diffusione dell’Information Tecnology; la dissoluzione di forme organizzative aziendali di tipo rigidamente gerarchico, volgendo in favore di organizzazioni più snelle e piatte che semplifichino il processo di valorizzazione delle competenze professionali dei lavoratori impiegati, al fine di migliorare la posizione competitiva.
Per Drucker la conoscenza per essere produttiva deve essere altamente specializzata e contenere due nuovi requisiti:
- “I lavoratori del sapere lavorano in team;
- I lavoratori del sapere devono partecipare di un’organizzazione: se non ne sono dipendenti devono almeno esserne dei collaboratori fissi”.
Parlando di team non si può far riferimento ad una tipologia universale, anzi uno dei requisiti richiesti al lavoratore della conoscenza è proprio quello di possedere la capacità di individuare il tipo giusto di team in funzione del lavoro da svolgere e poi di organizzarlo e integrarvisi.
Ugualmente importante è la seconda implicazione del fatto che i lavoratori del sapere sono, di necessità, degli specialisti; ossia l’esigenza di operare nell’ambito di un’organizzazione. Infatti soltanto un’organizzazione può garantire quella continuità di base di cui hanno bisogno i lavoratori del sapere per esprimere la propria efficacia e solo essa possiede i mezzi per convertire la conoscenza specialistica in performance: nella società basata sulla conoscenza la performance efficace non viene dal singolo individuo ma dall’organizzazione.
L’effetto più evidente che è scaturito dall’avvento dell’economia della conoscenza è stato la convergenza verso un unico pacchetto di prodotti e servizi, ovvero la tendenza verso prodotti e servizi knowledge-intensive: il prodotto oltre al suo aspetto tecnico-operativo si compone di un contenuto conoscitivo, ottenuto attraverso la ricerca e la progettazione originaria, nonché la personalizzazione. Secondo Quinn il valore economico è aggiunto ai prodotti dai beni intangibili.
Definizione della conoscenza
Davenport T. H. e Prusak L. affermano che “la conoscenza è quel fluido misto di esperienze, valori, informazioni di contesto e pareri esperti che forniscono uno schema di riferimento per valutare ed acquisire nuove informazioni. Essa ha origine e si sviluppa nella mente delle persone. Nelle organizzazioni, essa viene spesso incorporata non solo in documenti o repositories ma anche nelle routines organizzative, nei processi, nelle pratiche e nelle norme”.
Diversi sono gli autori che, al fine di elaborare la propria teoria e definire la conoscenza, effettuano una distinzione progressiva tra dati, informazione e conoscenza o tra conoscenza tacita ed esplicita. Anche Stan Davis riprende la distinzione tra dati, informazione e conoscenza però completandola con l’introduzione delle attività di istruzione e di apprendimento, presenti in ogni gradino della scala che conduce al discernimento, come funzioni necessarie per il passaggio da un livello all’altro.
Le quattro fasi vengono così spiegate dall’autore: - “i dati sono modi di esprimere fatti e oggetti; - l’informazione è la disposizione dei dati in configurazioni significative; - la conoscenza è l’applicazione e l’uso produttivo dell’informazione; - il discernimento è l’uso ponderato della conoscenza”.
La conoscenza può essere classificata in tacita ed esplicita.
La conoscenza esplicita: è quella forma di conoscenza che può in qualche modo essere rappresentata, o meglio, che può essere trasferita da un individuo ad altri tramite un supporto fisico, quale può essere un libro o un filmato, o direttamente, attraverso una conversazione o una lezione. Un documentario, un manuale, un corso sono tutti contenitori di conoscenza esplicita.
La conoscenza tacita: è quella forma di conoscenza che ci è più propria, ovvero ciò che sappiamo, anche se a volte non siamo capaci di esplicitarlo. Non tutta la conoscenza tacita è in effetti esplicitabile, e quando lo è, non è detto che lo possa essere completamente. Il «saper fare» qualcosa è conoscenza tacita, così come lo è quella particolare forma di conoscenza al quale diamo il nome di intuizione, e che altro non è che la capacità di utilizzare in modo incoscio la propria esperienza per risolvere in modo apparentemente inspiegabile problemi anche molto complessi.
La maggior parte della conoscenza di un individuo o di un gruppo di individui è tacita e non può essere esplicitata in toto o in parte. In un sistema di conoscenza, quindi, gli esseri umani non sono semplici utenti, ma parte integrante del sistema.
Pasquale Gagliardi afferma che “… formare un professionista è diverso dallo sfornare un laureato …. Il laureato sa, il professionista sa fare. La competenza professionale implica sempre una combinazione di conoscenza ed azione”.
Dalle affermazioni di Davis e di Gagliardi si evince chiaramente il valore strategico per l’impresa della formazione permanente finalizzata alla costante crescita professionale delle risorse umane in vista del conseguimento di un successo duraturo e rapportata alla complessità ed alla velocità dei cambiamenti nel sistema socio economico. Per i motivi esposti assume rilevanza per facilitare la trasformazione in lavoratore del sapere: il rapporto scuola e lavoro, la formazione post-universitaria e l’addestramento in azienda. Anche i professionisti hanno bisogno di continuare ad imparare.
Conoscenza e impresa
In questi ultimi anni il tema della conoscenza ha assunto un ruolo strategico per il singolo individuo, per le imprese pubbliche e private, per le istituzioni e per la società nel suo complesso, tanto che si parla di Knowledge Society (Società della Conoscenza). Lo scenario attuale in cui viviamo è caratterizzato da continui cambiamenti dovuti alla globalizzazione dei mercati, all’intensificazione delle nuove tecnologie, ad un maggior accesso alle informazioni, che fa si, che ogni individuo aggiorni continuamente il proprio sapere per non restare inerme ed essere travolto dalle continue trasformazioni in atto.
La conoscenza, nel corso del tempo, ha assunto un ruolo centrale nelle organizzazioni ed oggi è universalmente riconosciuta come una delle principali risorse – spesso la più importante – tra quelle che possono determinare il successo competitivo delle aziende. Infatti, si è verificato un ribaltamento che ha modificato il tradizionale modo di intendere i fattori critici di successo: elementi come la prossimità alle materie prime o la disponibilità di capitali, che in passato hanno fatto la fortuna di molte aziende, hanno perso gradualmente importanza. Al loro posto emerge, come nuovo fattore critico di successo, la “conoscenza” utile a determinare un “vantaggio competitivo” duraturo nel tempo.
Il crescente interesse che l’argomento “conoscenza” ha assunto per le imprese, può essere ricondotto a diversi fattori principali: la velocità del cambiamento tecnologico, la globalizzazione dell’economia, l’incremento della competizione fra le organizzazioni e la maggiore sofisticazione della clientela, la quale, richiede prodotti e servizi sempre più efficienti.
Nella società basata sulla conoscenza e sui lavoratori del sapere le organizzazioni per rimanere nel mercato sono impegnate nel cambiamento veloce e precisamente:
- Performance efficace proveniente dal miglior utilizzo delle risorse e tra queste la prima è la conoscenza (creazione, sviluppo, gestione, diffusione, applicazione);
- L’applicazione della conoscenza è l’elemento determinante per realizzare un vantaggio competitivo e non più il basso costo del lavoro industriale che appartiene al passato. Dall’applicazione della conoscenza deriva l’innovazione e il livelli della qualità dei prodotti o servizi;
- Lavoratori del sapere che insieme nell’organizzazione esprimono tutte le competenze dell’impresa ed individuali;
- La produttività nelle società avanzate dipende in larghissima parte dallo sviluppo e dalla applicazione della conoscenza. In questo caso, più produttività uguale più occupazione perché nell'area dove questo sviluppo si realizza si produce di più e meglio, si crea un vantaggio competitivo per nuove merci (beni o servizi che siano), si espandono i settori i cui prodotti il mondo richiede.
L’Italia e le organizzazioni per crescere e assumere una posizione competitiva nel mercato globale hanno bisogno sempre di più di creare ed applicare le conoscenze, di aumentare la produttività e di utilizzare al meglio le risorse umane e non.

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