lunedì 30 agosto 2010

Intervista a Giandomenico Allegri

Un’estate ricca di avvenimenti politici che riguardano il futuro del paese e di dichiarazioni strumentali che non contribuiscono a superare l’attuale empasse ma a risolvere il problema della visibilità.
A livello nazionale gli argomenti più gettonati sono: la crisi della maggioranza di centro destra, elezioni immediate o meno, processo breve, alchimie per tutelare la persona di Berlusconi dalle vicende giudiziarie.
A livello locale (Veneto e Verona) ha assunto particolare importanza l’intervista a Giandomenico Allegri, segretario provinciale del PD di Verona, pubblicata su Corriere di Verona del 21 agosto che tratta il problema dell’immigrazione. Il titolo fuorviante e, a volte una lettura poco attenta, possono aver travisato la posizione espressa nell’intervista.
Per tale motivo ho pensato di andare alla fonte e richiedere direttamente a Giandomenico Allegri di rispondere ad alcune domande sui problemi dell’immigrazione al fine di evitare inutili fraintendimenti.

Quale è il suo pensiero rispetto alla bozza dello Statuto Regionale nella parte in cui la maggioranza di centro destra propone i seguenti slogans: “Prima i Veneti”, “Privilegi per coloro che hanno un legame con il territorio”.
Ritengo, anzitutto, che la posizione assunta dalla Lega sia ancora una volta solo ideologica. Nel tentativo di far passare un illogico (oltre che incostituzionale) privilegio nell’accesso ai servizi locali per chi gode di “origine veneta”, la bozza di Statuto Regionale - non potendo ovviamente parlare espressamente di priorità per i Veneti - cita in un comma un generico privilegio per quei cittadini che hanno sviluppato un particolare legame col territorio. Cosa significa? Di per sé nulla. Quindi il problema non sta nelle enunciazioni dello statuto, che a titolo personale ho trovato peraltro molto deboli, ma nelle leggi preannunciate dalla Lega in conseguenza di questa bozza di statuto. Come nel caso della proposta leghista, avanzata attraverso il capogruppo in Regione, di fissare una soglia di 15 anni di residenza per poter accedere ai servizi erogati dal Welfare locale. Una proposta che tra l’altro appare spropositata rispetto alla legge nazionale, per la quale ad esempio bastano 10 anni di residenza per ottenere la cittadinanza italiana. A chi gli ha fatto notare la sproporzione, il capogruppo ha risposto che anche 10 anni potevano andare bene. Siamo all’inverosimile, al pressapochismo allo stato puro. Dire 10 anni o dire 15 per questo illustre rappresentante leghista è la stessa cosa. Su questo punto c’è anche una prima importante distinzione politica da fare. Mentre la bozza di statuto è presentata dall’intera maggioranza (PDL+Lega), i progetti di legge sono invece presentati solo dalla Lega. E su alcune parti di essi il PDL stesso ha espresso tutta la sua perplessità.

Per quanto riguarda l’assegnazione delle Case Popolari, quali sono i criteri da seguire rispetto alla residenza ed alla cittadinanza? In quale misura dovranno essere presi in considerazione gli immigrati?
Non c’è una soluzione ideale precostituita, ma è certamente possibile individuare una linea politica ragionevole discutendone con serietà, mostrando innanzitutto rispetto ed attenzione per le vite di tutte quelle famiglie che poi - nel concreto - saranno condizionate proprio da queste decisioni. Attraverso l’intervista mi premeva ribadire un concetto che mi sembra largamente condiviso. Ritengo non sia scandaloso che possa essere assegnato un punteggio di merito a chi risiede in un Comune nel momento in cui viene presentata la domanda per l’assegnazione delle case popolari. E’ un principio di giustizia molto lontano dal tentativo leghista di fare la solita distinzione ideologica fra veneti e nuovi italiani. Trovo sbagliato fare distinzioni tra i “veneti” e i “non veneti”. Trovo legittimo invece che possa esistere una priorità per chi risiede da un tempo congruo in un Comune. Su sollecitazione del giornalista, che mi chiedeva una tempistica precisa, ho poi ipotizzato che 5 anni di residenza possano rappresentare la soglia massima da considerare per concedere questa agevolazione.

Quale politica di integrazione con gli immigrati bisogna realizzare nel Veneto, coniugando il valore della solidarietà con le esigenze della Regione?
In Veneto oggi abbiamo una presenza di 400.000 persone che non sono nate in Italia. E che vivono, lavorano, costruiscono il loro futuro assieme a noi. E’ una sfida nuova per la nostra società. Ci sono due modi per affrontarla. Quello di negare l’esistente e di dire che prima o poi queste persone se ne dovranno andare o quello di rendersi conto che assieme a queste persone costruiremo il nuovo Veneto. Credo nasca da qui la differenza nell’approccio al problema. I leghisti agiscono partendo dal primo approccio. Noi, come Democratici, dobbiamo partire dal secondo. Dobbiamo vedere in modo equilibrato come costruire le nuove regole dello stare assieme. Per questo sono convinto che se aprissimo una discussione con le associazioni che rappresentano i nuovi veneti potremmo far fare un grosso passo in avanti alla nostra proposta. E credo che sull’ipotesi di tutele per chi ha un percorso consolidato con la nostra Regione non troveremmo grandi tentativi di distinguo. Almeno su temi come il diritto alla casa o sul trattamento pensionistico.

Rispetto alle seguenti affermazioni come risponde: “Finalmente l’hanno capita anche loro”, “Non è mai troppo tardi …….; il punteggio che viene attribuito si basa sulla residenza e sulla cittadinanza”, “convergenze di comodo con la Lega”, “accordi verticistici con la Lega”.
Noi abbiamo lanciato un messaggio chiaro per risolvere una volta per tutte questa diatriba politica con serietà e toglierla dal tavolo della discussione. Partendo dai valori dell’eguaglianza e della solidarietà. Ora, se c’è una vera volontà di individuare soluzioni ragionate, sta alle altre forze politiche proseguire nel confronto. Se questo non avverrà sarà la chiara dimostrazione che qualcuno vuole usare un problema esistente solo per fini elettorali, quindi in modo strumentale, e non perché voglia risolvere il problema. Credo che una persona che viene a lavorare in Veneto voglia aver chiaro qual’è il percorso per potersi sentire a casa. Deve essere un percorso ben definito che, passo dopo passo, lo faccia sentire cittadino veneto a tutti gli effetti. Per questo sappiamo che sancire il diritto di voto è un passo fondamentale. E’ un riconoscimento dello status di nuovi cittadini. E’ la possibilità di portare a compimento un processo politico inclusivo. E come afferma più di un sondaggio, questo non stravolgerebbe affatto il quadro politico Veneto. Mi sembra chiaro che non c’è alcun accordo verticistico del PD con la Lega. Chi lo afferma non conosce evidentemente né la mia storia personale né quella del PD veronese.

3 commenti:

Paola Lorenzetti ha detto...

Bravo Giandomenico, le idee che hai espresso coincidono con quelle del Forum Immigrazione, peccato doversi sempre confrontare con giornalisti che a volte per partito preso, a volte inavvertitamente, travisano ciò che si dice. Il PD Veneto p...ersegue con forza la strada dell'integrazione dei nuovi cittadini, perchè è l'unico modo per riconoscere agli immigrati tutta la dignità che si meritano, aiutandoli nello stesso tempo ad entrare nella nostra società senza eccessivi traumi. Il Forum sta lavorando proprio su questo. L'integrazione è la strada giusta, non i CIE !!!

Cristiana Pellizer ha detto...

Trovo pacato e giusto il modo di affrontare il problema, mentre è completamente ed anacronistico l'approccio leghista. La battaglia si gioca su un'altro piano che è quello del rispetto reciproco e sul rispetto della legislatura senza distinzioni di provenienza.

Giacono Galletti ha detto...

Parlare di immigrazione oggi, per un politico, è sempre una trappola. L'equilibrio e la sobrietà del ragionamento dell'Allegri l'ho trovato esemplare.